Nonostante tutto, rimane qualcosa di profondo che fa di Napoli quel che è. Una sua peculiarità che attraversa ancora la modernità e che non è riducibile a cartolina o oleografia. Lo si vede in questa esplosione che ancora non si ferma e che arriverà come minimo al 4 giugno e andrà molto oltre per la vittoria dello scudetto 33 anni dopo.

Vi proponiamo tre punti di vista.

Il primo è di Lorenzo Serra, lo prendiamo dal sito del Centro per la Riforma dello Stato : una riflessione sulla città di grande interesse, tutta giocata sulla riproposizione del suo carattere ‘poroso’, da Walter Benjamin, ed espressione di un Sud che, con Franco Cassano, rifiuta di pensarsi come appendice di una modernizzazione subita ma che vuole segnarla di se’.

Quasi un ‘ancora’ aperto, di ricchezza, di umanità, di elasticità, di adattabilità, perfino di malinconia intrecciata a spirito di festa rispetto al ‘non più’ della modernizzazione dell’Occidente che tutto mercifica e sussume nelle sue logiche mercantili. Se si può considerare questa come lettura che concede troppo ad una visione ottimistica di una realtà sociale e di vita che vede invece profondi processi di omologazione, certo ci restituisce tutta la forza di spazi e contraddizioni ancora aperte e vitali su cui vale la pena di riflettere e su cui varrebbe la pena che si esercitasse anche una cultura di governo locale che invece sembra lontana anni luce…

https://centroriformastato.it/napoli-porosa/

LORENZO-SERRA

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Il secondo è invece di Peppe Napolitano, tra i fondatori di Infinitimondi oltrechè militante di FGCI,PCI,PRC,Comunisti Unitari,DS stop…. Sguardo di un tifoso storico del Napoli che nel racconto dalla sua pagina social fa emergere l’intimo legame tra una squadra e la sua città, e viceversa. E anche questo è uno spaccato di grande interesse su quel che sta accedendo in queste settimane.

33 anni, una vita e intere generazioni passate.

Ormai ci siamo e nella mente ti passa davanti un’intera vita di malato perché da quando sei nato vivi con questa malattia che, anche se sai che è l’unica malattia al mondo che non fa male ma che, anzi, ti aiuta a vivere, non riesci a spiegarla né a te né agli altri.

Del resto 46 anni di abbonamento al calcio Napoli, nonostante 20 vivendo a Roma e 3 a Bari, stando sempre al tuo posto al Tempio, potrebbero dare un’idea del tumulto che oggi hai dentro ma che non riesci a far comprendere con le sole parole se non sei affetto da questa malattia.

Anzi, per quanto ci si può sforzare è inutile affannarsi che non si può comprendere.

Pensi alla tua vita, a tua madre che per anni continuava a ripetere “<Peppeniello è stat semp n’uaglion ca cap a posto ma è nat con due malattie che non ci ho potuto : O’ Napl e a politica”. E oggi ripenso a lei e a quando a 13 anni nella vittoria dei non colorati per 6 a 2 al San Paolo nel ‘74 mi vide piangere come un fiume in piena e iniziò ad interrogarsi su questo figlio che “nùn è normal ca chiagn p nà partite e pallon” o quando, sapendo che ad ogni sconfitta , o pareggio del Napoli, somatizzo e mi vengono i mal di stomaco, ogni domenica si informava con i nipoti su cosa avesse fatto il Napoli e se andava male mi telefonava per chiedermi “Peppeniè com va o’stomac”.

Penso a lei e a quando nel periodo che persi il lavoro e mi trovavo in cassa integrazione, sapendo che ogni anno facevo il salvadanaio per l’abbonamento, mi chiamava e mi chiedeva di passare da lei che i soldi mancanti dell’abbonamento me li metteva lei “ma nù dicer nient e sore toie”.

Ripensi alle lacrime della prima retrocessione e a quelle della rinascita con il ritorno in A del 2007 e al groppo in gola avuto nell’entrare al Tempio per Napoli Cittadella, la prima partita nell’inferno della C, nel vedere 60.000 sugli spalti come fosse una finale di Champions.

Ripensi a Diego, ma non solo per le vittorie in campo, ma al Diego che aveva capito più di tutti che a Napoli storicamente il tifo è un tifo identitario, che chi tifa Napoli tifa per la città e viceversa, che qui il calcio è una religione laica che ha risvolti sociali che vanno oltre il sociologismo e gli stereotipi spiccioli che pure vediamo emergere anche in queste ore.

Ripensi a tua moglie Ilaria che ha sacrificato tanto per sopportare la mia malattia e che nel momento della tragedia, in quella maledetta estate del 2004 che vide il Napoli fallire, pensando di rincuorarti mi disse che gli dispiaceva tanto, ma che almeno finivi lo sperpetuo di andare avanti e indietro da Roma per seguire la squadra e alla mia domanda “in che senso?” mi chiese “ma perché fai l’abbonamento anche in serie C?” e si vide rispondere “E certo, soprattutto ora” e con aria sconsolata mi rispose “sei irrecuperabile”.

Ripensi ai tuoi figli che hanno imparato, prima di avanzare qualche richiesta, ad informarsi su che ha fatto il Napoli, perché se ha vinto questo è il momento buono.

Ripensi ai tanti km fatti per seguire la squadra in trasferta in Italia e in Europa.

Ripensi ai tuoi amici del cuore, Gino , Lina , Renata, Pinko , Fefè , Luca , Gennaro , Marco , Antonio , Claudia e Pietro, con cui da decenni condividi la malattia nel bene e nel male, nelle gioie e nei dolori, ai nostri irrinunciabili riti apotropaici.

Ripensi, ora più che mai, a Donatella e Vittorio che la vita ci ha strappato troppo presto e sai che saranno con noi al Tempio a piangere e gioire da lassù e che noi continueremo a ricordarli con i nostri piccoli riti che da anni ripetiamo puntualmente ad ogni partita.

Ora mi aspetta una notte insonne e già so che la passerò pensando a tutto questo ma anche all’idea di dover ringraziare questi meravigliosi ragazzi e al mister che ci hanno regalato emozioni e sentimenti di orgoglio e passioni.

Ma nel pensare a loro, non posso non ricordare i ragazzi della C a partire da capitan Montervino, a coloro che ci hanno aiutati a crescere, da mister Reja al mio capitano del cuore Marek, a Lorenzo che ha dovuto sopportare un doppio peso legato al suo essere napoletano, al mio mitico Pocho e al Matador, a Ciro e KK.

Ora lo so che mi aspettate al varco ma io ribadisco che non potrò mai perdonare il Presidente per tutte le volte che ha mostrato di non avere rispetto e considerazione per la nostra storia e la nostra passione con il suo atteggiamento da Marchese del Grillo.

Rispetto, solo questo gli ho sempre chiesto, consapevole che è legittimo che faccia la sua parte di imprenditore prescindendo dai sentimenti, ma oggi la mia onestà intellettuale non può che portarmi a dire anche a lui Grazie Presidente.

Oggi siamo sul tetto, ma sappiate che, per noi malati, non finirà qui perché noi a prescindere da Presidenti, allenatori, qualità della rosa, categoria o competizione, a prescindere da trofei e vittorie, ci saremo sempre perché, per dirla con le parole del piccolo Pool di “Febbre a 90” :

Noi non supereremo mai questa fase.

Peppe Napolitano

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Il terzo ce lo regala Nando Morra, che oltre ad essere storico dirigente del PCI e della CGIL, è stato molto anche giornalista, prima e dopo le sue esperienze politico-sindacali. Qui una serie di suoi articoli-interviste d’epoca, sul Napoli di Maradona e su quello del dopo-Maradona con anche interviste a Giuseppe Galasso e a Monsignor Riboldi.

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