“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato…Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.” (1)
È forse in questa citazione che è racchiuso il cuore della “Giunta”, il bel film – documentario di Alessandro Scippa, che racconta la complessa fase storico-politica di Napoli e dell’Italia durante gli anni delle giunte “rosse” guidate da Maurizio Valenzi (1975-1983).
L’opera prodotta da Antonella Di Nocera per Parallelo 41 e da Luce Cinecittà in collaborazione con Fondazione Valenzi e l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, è stata realizzata con il contributo di Ministero della Cultura, Regione Campania e Fondazione Film Commission Regione Campania.
Il film è stato presentato a Napoli il 20 gennaio alle 21 al cinema Modernissimo con un evento anteprima alla presenza del regista e dei produttori, con il patrocinio del Comune di Napoli, e dal 21 gennaio in programmazione nello stesso cinema.
Proposto al 40esimo Torino Film Festival, il lavoro di Scippa è stato anche proiettato il 17 gennaio al cinema Sacher di Roma presentato da Nanni Moretti insieme a regista e produttori. La Giunta, che ha come narratore Renato Carpentieri, sceglie la prospettiva narrativa del racconto biografico e lo sviluppa attraverso le voci e i volti dei protagonisti di quegli anni.
L’insolito, ma efficace, punto di vista ci invita ad abbassare lo sguardo, restringe il campo ai dettagli, a quelle porzioni “minime” del mondo, gli affetti e le storie personali, dove non c’è menzogna che tenga. Il film pare dirci che per comprendere la complessità della storia a volte non bastano le analisi politiche, ma contano anche le misteriose connessioni fra le vite private e la dimensione pubblica e che sono rilevanti anche le vie attraverso le quali si contaminano a vicenda. Creando vuoti dolorosi, come nel caso di Federico Geremicca, ma anche pienezza come nel caso di Alessandro Scippa. È significativo anche l’impronta che si sviluppa nel rapporto magico fra le biografie degli esseri umani e le loro pratiche politica. Che è sì testimonianza ambigua e interpretazione parziale ma quale altra narrazione non lo è. Non lo sono anche le analisi storiche o la semplice cronaca dei fatti, anch’essi punti di vista parziali, altrettanto ingannevoli, privati come sono della dimensione umana ed epurati dalle passioni. Il film è dunque un omaggio a quelle storie e a quelle persone ma anche a un vissuto collettivo e alla passione politica che animava la militanza nel PCI in quegli anni. La Giunta Valenzi nacque sulla base di un accordo politico di minoranza, con la DC che scommetteva sulla sua veloce caduta. Durò invece otto anni attraversando una serie infinita di emergenze, dalla criminalità al terrorismo, dalla disoccupazione alla speculazione edilizia. Anni di intensa partecipazione e impegno politico che cambiarono profondamente il volto della città. Puntando innanzitutto sulla figura carismatica del Sindaco, ma anche su una squadra originale nella composizione e di grande valore sul piano della competenza e della tenuta politica, una comunità di donne e di uomini provò a costruire la sua normalità e ad immaginare il proprio futuro, ridando dignità e visibilità internazionale ad una città ancora segnata dalle ferite della guerra e piegata dall’epidemia di colera. Quello che il film mette in evidenza, e che costituisce l’elemento caratterizzante di quell’esperienza, è la grande speranza suscitata in città. La Giunta rossa seppe creare un clima di partecipazione e protagonismo dei cittadini e di tutti i militanti di quella sinistra per i quali il cambiamento passò da opzione ideale a concreta possibilità di realizzazione.
Nelle parole dei protagonisti rivivono gli ideali di quegli anni, la militanza come passione civile e partecipazione democratica, una dimensione della politica che oggi ci appare irripetibile. Ricordare che invece c’è stata una lunga stagione in cui questo è stato possibile, può rappresentare lo stimolo per una riflessione che ci aiuti a comprendere il passato per provare a costruire il futuro. D’altronde ogni narrazione è una metafora che ci è utile a comprendere il mondo, e a dare forma e significato al disordine dell’esperienza.
La bellissima intervista a Mimmo Iodice, l’emozione nella voce e il luccichio degli occhi, rendono molto efficacemente la dimensione del coinvolgimento emotivo e della passione politica che quell’esperienza e quegli anni seppero suscitare. Il film scivola senza alcun appesantimento retorico né toni trionfalistici, tra immagini amatoriali e materiali di archivio inediti. Il tono è lieve e delicato, le interviste ai protagonisti sono intime ma mai nostalgiche, sono ricostruzioni dei fatti e analisi politiche che interpretano e raccontano il passato, cercando di dargli ordine e attribuirgli senso, e che, come l’angelo di Benjamin, hanno lo sguardo rivolto al passato ma le ali nel futuro. L’immensa libreria di Eugenio Donise, il salotto di Aldo Cennamo, lo studio di Luciano Ferrara e ovviamente la casa di Scippa. Insieme a loro si raccontano Berardo Impegno, Nino Ferraiuolo, Antonio Bassolino, Benito Visca, per citarne solo alcuni. Si intrecciano con efficacia narrativa i fili delle storie personali e politiche di un gruppo di donne e uomini che hanno cercato di realizzare il sogno di una politica che dando voce e realizzazione alle istanze di cambiamento creava e restituiva la speranza. Il film è anche un racconto di padri e figli una testimonianza sulla perdita e sull’assenza; Lucia e Marco Valenzi, Federico Geremicca la stessa Antonella Di Nocera e suo padre, ex operaio dell’Italsider e ovviamente del regista figlio di Antonio Scippa.
L’entusiasmante stagione delle giunte rosse si concluse con il terribile terremoto del 1980, gli interessi economici della ricostruzione modificarono radicalmente gli equilibri politici, il destino di Napoli verrà segnato da nuove forme di organizzazione criminale che ancora oggi condizionano la vita della città. La frattura che si creò dopo il terremoto nelle Giunte Valenzi fu in fondo l’immagine di una situazione nazionale che di lì a poco avrebbe segnato per sempre il destino della storia politica italiana. Merito del film è anche quello di provocare numerose domande, cosa è accaduto in quegli anni, dove veramente e perché si è prodotta una tale frattura? Certamente furono anni assai complessi attraversati da enormi tensioni sociali e da grandi cambiamenti. Ma come si è passati da quella stagione così esaltante e grondante di prospettive all’afasia di oggi? Una riflessione si impone. Dovremmo, come ci suggerisce il film, analizzare il passato anche solo perché possa dirci qualcosa sul presente e magari aiutarci ad immaginare il futuro. Ma il presente è confuso e non riusciamo a comprenderlo e del futuro non sappiamo niente. Potremmo però provare a leggere il presente senza superbia, accettando anche analisi parziali senza pretendere di comprendere tutto, magari cercando di capire. Anche perché la rinascita della sinistra ed anche della partecipazione democratica è legata in modo non trascurabile alla sua capacità di suscitare una nuova affettività, nuove speranze e nuove passioni.
Annamaria Patierno
(1) Walter Benjamin, dalle Tesi Sul concetto di storia, Einaudi, 1997, pp. 35-7