Abbiamo ricevuto da Yabasta una riflessione su un problema ad impatto crescente e che investe le conseguenze dei processi di digitalizzazione sempre più accentuati, anche con il Covid, e non sufficientemente accompagnati da una attenzione e da una visione che guardi al loro impatto sulle persone. Così , presunti margini in più di libertà rimangono solo tali, cioè presunti se non si costruiscono contemporaneamente una nuova visione ed una nuova pratica sociale ed anzi, si aggravano condizioni di vita già precarie.
Il tema non è dunque ritrarsi dai processi innovativi ma farli diventare terreno di rivendicazione, di conflitto e di pensiero e azione sociale: questo ci sembra ci dica la storia che qui viene raccontata.
Chi la racconta è l’Associazione Yabasta-Nuova Koinè che da anni tra Scisciano e Marigliano conduce un lavoro di grande importanza con migranti, minori, settori marginali di quel territorio : https://www.yabasta.net/chi-siamo/
Dalla loro esperienza diretta nasce questa riflessione pubblicata sul loro blog che riproponiamo qui
LA DIGITALIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIALI E IL CONCETTO DI CURA
Questa riflessione rappresenta una sorta di bilancio, incentrato sulla nostra personale esperienza degli effetti devastanti sul sistema dei servizi sociali imposto dallo stato italiano dalla pandemia in poi. Durante la pandemia infatti si è acuito, con un salto almeno decennale, l’utilizzo totalizzante delle piattaforme digitali nell’accesso ai servizi sociali: dai Bonus Sociali, agli strumenti del reddito accessorio (buoni libro, bonus idrico ed elettrico, contributi all’affitto e bonus sulla morosità).
Premettiamo che il processo di digitalizzazione ha permesso a tante persone di avere una chiara percezione delle proprie risorse e dei processi di welfare che li riguardano direttamente, così come ha permesso al nostro sportello di intervenire in modo puntuale e innovativo su alcune vertenze quali quella della revoca RDC alle persone straniere ( Vertenza RDC ). Inoltre la digitalizzazione rappresenta sicuramente un elemento di decentramento locale dei servizi importante. Ma riteniamo opportuno guardare ogni lato della medaglia soprattutto per quanto riguarda la fascia di popolazione a rischio esclusione e marginalità.
Lo SPID è divenuto sempre più indispensabile non solo per l’accesso al welfare ma perfino per comunicare con i servizi sociali. Pensate ad esempio a tutti i percettori di Reddito di cittadinanza che hanno subito la revoca e solo attraverso la proceduta telematica potevano riuscire a comprenderne il motivo venendo quasi sempre demandati alla piattaforma “myINPS” per ogni comunicazione dallo sportello locale. Lo stesso è avvenuto per ogni migrante che alla Questura ha provato ad avere notizie sulla propria pratica che si è visto rispondere sempre con lo stesso bigliettino recante la PEC della Questura. La Comunicazione con gli uffici è divenuta telematica, così come l’accesso sempre più regolamentato via APP con un’enorme confusione dal momento che ogni app è differente dall’altra (poste, agenzia delle entrate, INPS). Tutta la trasmissione documentale è divenuta digitale. Per rendere l’idea di questa trasformazione, vi raccontiamo un episodio a cui abbiamo assistito in prefettura:
una signora marocchina si è recata personalmente allo Sportello Unico Immigrazione della Prefettura di Napoli per integrare un documento mancante nella sua documentazione per la Sanatoria 2020. Arrivata allo sportello l’addetta ha esaminato il foglio, le ha dato un positivo riscontro ma le ha detto che non poteva integrare lei questa documentazione perché poteva essere integrata solo via PEC. Di fronte all’evidente ignoranza di tale strumento da parte dall’utente marocchina non ha potuto far altro che scrivere su un biglietto la parola PEC a grandi lettere dicendole di portare questo biglietto al suo avvocato e assicurarla che avrebbe poi lei inserito l’allegato della PEC nella sua cartellina…lo stesso allegato che aveva lei in mano in quel momento.
Altri paradossi del genere li abbiamo visti durante le richieste per i buoni libro, non più compilabili presso le scuole ma solo attraverso piattaforme digitali che in alcuni casi sono più agevoli ( quella di Scisciano) ed in altri risultano oltremodo difficoltosi (Marigliano, Saviano). Ma in entrambi i casi la nostra esperienza ci consegna un dato allarmante: tantissimi italiani si sono rivolti al nostro sportello migranti per compilare la domanda del buono libro che negli anni precedenti avevano saputo presentare in autonomia. La stessa dinamica è avvenuta con i programmi di supporto alimentare, che dove gestiti dagli ambiti sociali di zona, al modulo cartaceo si è sostituito un modulo digitale a cui si può accedere solo tramite SPID o rivolgendosi agli uffici comunali ( nei comuni attenti che hanno attivato un servizio di segretariato sociale). Inoltre, nella domanda occorre caricare degli allegati e l’istanza generata dal procedimento digitale necessita di essere stampata, firmata, scannerizzata e ricaricata sul portale. Questo processo ha fatto si che un numero irrisorio di persone rispetto agli anni passati abbia potuto compilare in autonomia la domanda. La stessa dinamica è avvenuta con accenti ben più drammatici nel comune di Marigliano durante l’erogazione dei Buoni Spesa. La piattaforma scelta dal comune era infatti una piattaforma in cui chi non aveva la residenza ma era solo domiciliato a Marigliano non poteva presentare la domanda e lo stesso avveniva per tutti quei soggetti sprovvisti di codice fiscale alfanumerico ( i richiedenti asilo dal decreto Salvini in poi hanno solo codici fiscali numerici). In quel caso, solo la nostra vertenza ha permesso l’accesso per quelle persone al beneficio ed invito tutti a riguardare i 6 comunicati e le varie diffide fatte in quel periodo dal nostro sito web.
Infine, la digitalizzazione dei servizi ha portato anche ad una riduzione delle aperture in front-office degli uffici. L’Agenzia delle Entrate di Nola non fa più turni pomeridiani ed è aperta solo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30. Un cartello all’ingresso specifica che ogni richiesta di chiarimento va inviata via PEC così come è necessario scaricare l’APP per prenotare un appuntamento per poter accedere al servizio.
Ma cosa ha comportato questo processo di digitalizzazione nel settore più emarginato della società? Che ricaduta ha avuto sull’enorme platea di soggetti che hanno un livello di educazione digitale minimo e che sono sprovvisti di postazioni PC complete di scanner e stampante?
L’effetto è stato devastante. Alle file fuori gli uffici pubblici si sono sostituite le interminabili code fuori ai CAF e a tutti i servizi di tipo privato con la differenza del costo di tale servizio di supporto. Lo stesso SPID postale, prima garantito gratuitamente ha oggi un costo. Ma il danno peggiore è di tipo psicologico e culturale. Tutte queste persone che avevano già un’autonomia personale minima nel rapporto con le istituzioni si sono viste sottrarre ogni spazio di azione individuale. Ogni loro richiesta oggi, perfino la richiesta degli aiuti essenziali, deve essere mediata da un soggetto terzo, rinunciando così alla privacy e diventando sempre di più utenti passivi della res pubblica.
Riportiamo un altro esempio:
Una signora che negli scorsi anni era sempre stata la prima a riconsegnare il modulo cartaceo della domanda del pacco alimentare stando ben attenta ad allegare le fotocopie di tutti i documenti necessari ed inserendo il tutto in una velina plastificata segno della cura e della meticolosità di tale operazione. Questa stessa donna quest’anno si è presentata presso il nostro sportello senza avere la minima idea di come accedere con lo SPID fattogli dal CAF tempo prima e di cui aveva perso PIN e Password. Oltre 30 minuti solo per recuperare le credenziali e circa due ore di fila per un servizio di cui fino all’anno prima aveva il pieno possesso.
E che dire della mediazione interculturale nelle piattaforme digitali per garantire l’accesso anche agli stranieri ai nuovi servizi sociali? Le persone migranti, a prescindere dalla loro presenza in Italia da un mese o da 5 anni, sono oggi nuovamente retrocessi al rango degli analfabeti funzionali, costretti a fare file enorme agli sportelli di aiuto gratuito come il nostro o a pagare CAF, avvocati o connazionali senza scrupoli per ogni cosa, finanche per prenotare un appuntamento all’agenzia delle entrate o per presentare un’integrazione in Prefettura.
Casa fare dunque?
• iniziare una forte azione di sensibilizzazione sulle istituzioni per ristabilire il diritto al cartaceo, al front-office ed alla mediazione culturale in tutti gli uffici e contemporaneamente chiedere alle istituzioni di prossimità (come il comune di Scisciano che ha costruito delle risposte autonome a questa deriva attraverso la costituzione di reti di sportelli e attivazioni di spazi appositi nei locali comunali), di scendere in campo contro questo processo che sembra irreversibile e che in realtà è il frutto di appena due anni. Le Istituzioni di prossimità vedono tutte le contraddizioni di questo sistema e perciò occorre ripartire da loro.
• capire la fattibilità di un’azione legale contro le grandi piattaforme dei servizi sociali a partire dall’RDC o dal portale ALI e contro le piattaforme degli Ambiti Sociali di Zona.
• costruire dei percorsi di formazione digitale autorganizzati e conflittuali dei soggetti a forte condizione di marginalità per provare a ridargli dignità e progettualità nei percorsi di autonomia.
Lo Sportello Diritti
Associazione YaBasta!-Nova Koinè