Se in politica fosse vero quel che è vero in natura ( a meno di sconvolgimenti non escludibili neanche lì…), alla notte segue il giorno, al buio la luce... Abbiamo la netta sensazione che questa costruzione umana, la politica appunto, si sottragga a questa legge e che non è detto che, appunto, la nuttata passi, che torni la luce, che la speranza vinca, che toccato il fondo si possa solo risalire…dov’è il fondo?
Nella vicenda politica della sinistra tutta in Italia, questo fondo non si vede.
Cosa altro deve succedere?
Il PD che ha in corso un congresso addirittura costituente si presenta come scisso tra il bisogno di reagire alla sconfitta in tempi rapidi, di dare segnali di vita e un bisogno altrettanto forte di ripensare se’ stesso dalle fondamenta, operazione che invece richiede un tempo, una processualità non comprimibile . E in questa condizione dimidiata appare paralizzato. E i candidati alla segreteria, per quanto diversi, appaiono del tutto al di sotto della bisogna. E ora, arriva l’affaire Quatar-Marocco che presenta più piani di riflessione e di interrogazione ma che , tra i primi, sollecita una amara considerazione, anche generazionale se si vuole, su dove conduca una politica priva di visione, di idealità, fatta di pura costruzione di relazioni e carriere; su quanto esponga se stessa e le istituzioni rappresentative alle scorribande di interessi organizzati, privati e di Stati; di rampantismi d’accatto; di assuefazione al naturale dominio di potere, mercato e denaro introiettati come ratio naturale del mondo.
E in tutto questo, approda un Articolo 1 con la classica scelta sbagliata nel momento sbagliato.
Sinistra Italiana, che pure avrebbe potuto e dovuto, insieme ai Verdi, sulla scorta di un risultato elettorale positivo al di sopra della soglia di mera sopravvivenza, , pur dentro la sconfitta generale, lanciare subito dopo il voto, esso una fase nuova di apertura, di raccolta di energie e risorse, si è lasciato cogliere dalla vicenda Soumahoro chiuso e silente, appagato dei seggi conquistati ma muto sulla prospettiva di una sinistra necessaria.
E discorso non dissimile si può fare per gli altri spezzoni di sinistra organizzata.
E tutto questo mentre il governo delle Destre comincia a macinare le sue scelte di continuità atlantista presidiata e con un corpo di atti, che è già considerevole, nella direzione di una guerra ai poveri ( di cui l’aggressione miserrima al reddito di cittadinanza e la politica sui migranti sono dolorosa e concreta testimonianza ), di inni all’evasione fiscale, di mano libera negli appalti.
Eppure, ciascuno continua a recitare il proprio copione…come se nulla fosse successo o stesse succedendo.
Che altro deve succedere?
Il realismo porta a dire: ma come si fa a prescindere da queste forze per qualsiasi discorso politico?
Ma non è anche improntata a realismo un’altra considerazione: ma che si può costruire con queste forze se rimangono così come sono, somma di debolezze che neutralizzano al proprio interno anche quel che di buono pure c’è?
Se, come è vero, la politica è un miscuglio straordinario di ragione e sentimento, di calcolo preciso delle forze in campo e delle loro idee e di passione, di visione capace di cogliere gli attimi; di analisi oggettiva e di capacità di forzatura soggettiva; di virtù che ti consente di accompagnare una fortuna che forse solo quella volta ti si presenterà; se la politica per la sinistra non può che essere lo stare da una parte precisa della società, e se stai con quelli di sotto non puoi stare anche con quelli di sopra, e se stai con l’ambiente di giorno poi non puoi ritrovarti nei salotti di quelli che la sera progettano invece il suo sfruttamento…Dov’è questa politica oggi?
Quanto avevi ragione caro Enrico Berlinguer…
E allora, se davvero si vuole intravedere il fondo, pensare la risalita, iniziarla, è da qui che occorre partire. Da questa consapevolezza. che vale anche per quella società – fatta di associazioni, volontariato, autorganizzazione, spezzoni di movimento e di lotte nei territori – cresciuta in differenziazione e distanza da una politica omologata e omologante e che però si ritrova oggi a fare i conti con la sua stessa frantumazione e incomunicabilità di esperienze, con la gracilità, con il bisogno, essa stessa, di un ‘generale’ oltre il ‘particolare’, di un ‘politico’ insieme al ‘sociale’. Perchè poi, quella ‘guerra ai poveri’, quegli inni ai furbi e a chi più ha è anche qui che viene a colpire e aggredire: e senza un fronte organizzato di resistenza e di contrattacco sociale e ideale, lo sfondamento avviene non solo sul lato di quel che rimane della politica ma anche di quel tanto che vive nel sociale organizzato.
Nessuno è un’isola.
Ed ecco perchè, infine, questo discorso investe come un treno lo stesso sindacato e la CGIL che invece appare ancora indifferente al bisogno di una risposta politica, come se oggi potesse essere concepibile un ‘mestiere del sindacato’ al di fuori di una costruzione politica della quale Conte, con un ruolo pur importante, non è neanche lontanamente interprete possibile.
Vedete come cambia il senso delle parole.
Protagonisti dell’affaire Quatar sono Ex sindacalista e sindacalista; ONG; eletti del popolo: non ci vuole un pensiero raffinato per capire l’attacco generale che riparte a ciò che queste parole evocano.
E allora bisogna che ciascuno, avvertito di questa situazione, nel pieno di questo spaesamento, parafrasando il recente Edgar Morin si svegli, si predisponga a cambiare il proprio gioco: per chi sta dentro le forze-debolezze organizzate, per chi sta fuori, per chi si è ritratto, per chi da anni si è ritagliato il ruolo di ‘osservatore critico commentante’…la campana suona per tutti.
Perchè, come dice Morin, è solo dalla ripresa di un movimento politico generale che la speranza può rinascere e a nuttata po’ passà!