IN PRESENTAZIONE A CASERTA CON LE PIAZZE DEL SAPERE IL 28 OTTOBRE


Uno dei prossimi libri che presenteremo il 28-10-2022 a Caserta con le Piazze del Sapere nella sala del CIDIS è scritto dalla giudice Marta Correggia, del tribunale di Napoli. Già nel titolo c’è tutta la volontà da parte della protagonista, una giovane nigeriana, di affermare il suo vero nome, la sua identità umiliata e violentata. Il volume rappresenta un vero atto di denuncia di uno dei fenomeni più esecrabili, che quotidianamente avvengono sotto i nostri occhi: quello della tratta delle donne per la prostituzione – una vera piaga sociale. Nella sua attività di magistrato, l’autrice ha avuto modo di toccare con mano e di conoscere questa amara realtà in tutte le sue forme e dimensioni, a volte veramente disumane. Infatti per diversi anni ha lavorato ed ascoltato tante storie tristi di giovani donne vittime dello sfruttamento e dell’oppressione più brutale, in particolare nelle zone della costiera domiziana e della fascia metropolitana di Napoli. Tutta l’odissea di questa ragazza ci viene raccontata con pathos: dal momento in cui avviene il “reclutamento”, con sottrazione violenta alla sua famiglia e alla sua comunità di un povero villaggio della Nigeria. In modo dettagliato ci vengono descritte tutte le violenze subite lungo il drammatico esodo nel deserto libico e poi nella traversata in mare verso le coste del nostro Paese. Fino a giungere in quel vero e proprio girone dell’inferno che sono le cosiddette connection house diffuse nei viali del lungomare domiziano. Si tratta di veri e propri luoghi di “rieducazione” in cui le ragazze vengono avviate alla prostituzione, in base ad un subdolo principio secondo cui per loro l’unica fonte di ricchezza sta nel loro corpo. A loro volta i maschi vengono addestrati al traffico di droga.


La narrazione si muove tra il presente e il passato di Aoise in Africa, raccontando come la ragazza dalla Nigeria sia arrivata in Libia e da lì nel nostro Paese. La rotta è quella che conosciamo: la Libia è il primo approdo di disperati che vengono rinchiusi in centri che sono veri e propri “lager di detenzione” (come ha denunciato il papa), dove sono costretti a subire violenze di ogni tipo. Quel viaggio ad Aoise costa 50 mila euro, un debito da ripagare con la propria libertà. Alex Zanotelli, che firma la prefazione al romanzo, critica fortemente la politica migratoria europea che ha consentito ai libici di perpetrare un tale sistema di orrori. Per le donne è ancora più dura. Questa è la storia di una di loro, una nigeriana che in Italia finisce in una casa di prostituzione per africani gestita da una maman. Per ripagare il debito dovrà prostituirsi dalle 15 alle 20 volte al giorno. Ogni prestazione costa 15 euro. Aoise scompare per fare posto a Erabon, con un altro nome, un’altra identità. In questo modo vengono alimentati alcuni dei traffici più degradanti intorno a cui da tempo si è stabilito un patto di complicità tra la camorra locale e le “mafie nere” africani (a volte anche con quelle provenienti dall’Est Europa).
Come ci racconta l’autrice del libro, una volta arrivata a Castel Volturno, ad Aoise non rimane nulla, neppure il suo nome. Lei e le altre ragazze nigeriane( Joy, Friday, e Prudence) hanno già giurato il Ju Ju e attraverso i riti sciamanici, restano vincolate per anni al loro destino di prostituzione. Se disobbediscono gli spiriti si vendicano con le loro famiglie. E poi senza soldi, dove possono andare? All’interno della connection house, Aoise vive esperienze di estrema violenza. Ma in quell’inferno in terra si consumano anche sentimenti di amicizia, di complicità di protezione fra donne. Donne come lei, ognuna con un nome, una faccia e una storia. Si tratta di un vero romanzo sull’orrore della prostituzione e dello sfruttamento umano, ma anche sulla forza dell’amicizia e dell’amore, sul coraggio e su quella resistenza nutrita dalla speranza che possono portare anche le più disgraziate ragazze di Benin City a costruirsi una vita nuova, lontano dalla fame e dallo sfruttamento. L’inizio del libro è più che esplicativo: “Il primo era grasso, con le gambe sottili, le ginocchia rugose, i denti guasti. E puzzava. Un miscuglio indecifrabile di carne di pollo, aglio, uva sultanina e petrolio. Le disse di girarsi e la penetrò così forte che Erabon sentì lacerarsi non solo il ventre ma anche un pezzetto della sua anima”. Quella di Aoise è una delle tantissime storie di sfruttamento sulle quali chiudiamo gli occhi. Donne invisibili che ci vivono accanto e non vediamo, un nuovo schiavismo sul quale lucrano mafie locali africane e italiane. Aoise inizia a prendere coscienza della sua condizione dopo la cosiddetta strage di Castel Volturno: è il 18 settembre 2008 quando la camorra uccide a sangue freddo sei immigrati. La sommossa che segue è un fatto inedito nella storia dell’immigrazione italiana. Arriva poi a scuoterla Miriam Makeba, la cantante sudafricana che si batteva per i sudafricani liberi e che il destino ha fatto morire proprio a Castel Volturno dopo un attacco cardiaco su quel palco dove aveva voluto esibirsi come gesto contro la camorra e contro il razzismo. E qui si era esibita con l’ultimo suo concerto, portando un messaggio: Freedom for Africa. Una libertà che per molti nel mondo continua ad essere una parola proibita. Nei 12 capitoli del libro vengono descritti senza reticenza gli innumerevoli episodi di violenza e di sopraffazione subiti da questa ragazza e dalle sue amiche. A volte la narrazione e la descrizione dei fatti possono apparire dure e cruenti, di una brutalità bestiale. Per tutti questi motivi sarebbe utile che tutti leggessero queste storie, che ci aiutano a fare piena e drammatica luce sulle nefandezze che avvengono intorno a noi. In particolare lo consiglierei agli esponenti delle forze dell’ordine e degli organi di governo (a partire dal prefetto fino al questore), ma anche ai sindaci ed amministratori locali e regionali. Di fronte a queste testimonianze non ci sono alibi per nessuno.

Pasquale Iorio

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