di Gianfranco Nappi

Mimmo Borrelli è una delle personalità più importanti della drammaturgia e del teatro italiano. Presentando l’altro giorno la nuova Edizione di Efestoval, rigorosamente senza alcun contributo pubblico, ha avuto modo di elevare una critica radicale, che ha trovato giusta e ampia eco sulla stampa, alla concezione della politica culturale della Regione Campania, ma anche del Governo e del Ministero che a queste politiche presiede, articolata lungo due linee.

La prima. ” Chi fa cultura non può stare con il cappello in mano davanti alla porta di De Luca per chiedere contributi e sostegni! Se così deve essere, preferisco fare senza! “. Gli si può dare torto? E’ avvertito tutto il peso di questa politica culturale esercitata come se si trattasse di graziosa concessione del sovrano, a cui bisogna comunque essere pronti a dare conto; nei confronti del quale scattano immediati più o meno forti meccanismi di autocensura; con questo logo della Regione che compare dappertutto, per ogni evento…dal cartellone del San Carlo alla Sagra paesana. Non va bene così. Una politica culturale non può discendere dal ‘potere’ sotto forma di elargizione concessa. La cultura deve trovarsi, libera, sostenuta dalla politica pubblica perchè la cultura è forza, è legame sociale, è vitalità di una comunità. Borrelli ha avuto così il merito di dire con poche parole quanto il re sia nudo e quanto non sia un bel vedere. Vedremo ora se da questa denuncia muoverà un confronto serio. Certo di esso vi è bisogno in Campania. Si veda da ultimo la vicenda della Biblioteca Nazionale, sulla quale magari avremo modo di tornare.

E la seconda linea di attacco non è stata meno intensa . ” La politica dei grandi eventi del governo non premia; nei fatti si traduce nella riproposizione nei vari territori di modelli estrattivi di risorse che, poi, non lasciano dietro di se’ alcunchè. “. E’ il caso delle Città capitali della cultura italiana, come Procida. Isolata dai Campi Flegrei, senza alcun intervento strutturale che rimanga dopo e migliori la condizione di vita di quel territorio straordinario. E, denuncia Mimmo Borrelli : “ Come si fa a fare un anno di eventi culturali a Procida senza ricordare Concetta Barra e coinvolgere Peppe Barra ?”. Solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare. Ad ulteriore conferma dell’idea di eventi che muovono nuclei precostituiti di interessi estranei ai luoghi di approdo e che si articolano sostanzialmente con una logica predatoria. O di disinteresse per le radici vere della cultura di un territorio. E così capita che la Campania, ricca di emergenze culturali, proprio per quelle che fanno capo al Ministero della Cultura – oltre a quelle di riferimento diretto della politica regionale – , con una rete di Soprintendenze e Musei di assoluto valore, si ritrovi lasciata senza mezzi, senza personale, senza valorizzazione perchè tutta l’attenzione ministeriale è concentrata sui ‘campioni’ Mann,Pompei,Capodimonte che, tendenzialmente, sarebbero già pieni di visitatori e che però devono drenare sempre maggiore attenzione e risorse. I ‘campioni’ sono sicuramente punti di forza. Sarebbe una sciocchezza dire il contrario. Ma in una idea non economicistica della cultura e invece della stessa come generatrice di autentico sviluppo e di autentica coesione sociale, è sugli altri poli diffusi che anche si dovrebbero investire risorse significative. E invece tutto spinge per una visione estrattiva e turistizzata della politica culturale, che peraltro rischia di svuotare il centro antico di Napoli, a simiglianza di quanto già accaduto a Venezia o a Roma : un pieno di airbnb con teoria infinita di friggitorie e un vuoto di socialità, di attività e di abitanti veri, con la loro vita e i loro diritti.

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