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E’ importante l’iniziativa di questa Petizione per la Pace. Per quel che propone intanto: una linea di impegno forte e vero per giungere ad un Tavolo per la pace, ad un confronto, ad un negoziato che possano dare un altro sbocco a questo conflitto drammatico. E poi, altro punto decisivo, quello dell’avvio di una svolta nel campo della sicurezza attraverso la realizzazione di una nuova strategia di disarmo. Due punti cardine: un Tavolo per la Pace ed una nuova strategia per il Disarmo. E già questo è sufficiente per invitare quanti più è possibile a condividerla questa Petizione, sottoscriverla, farla girare per raccogliere nuove adesioni.

In questo clima ormai quasi totalmente uniforme nel nostro paese all’interno del quale ogni idea di sostegno all’Ucraina – esposta ad una invasione brutale e nei confronti della quale non si può che essere dalla parte del popolo aggredito – che non si esprima anche in un neoatlantismo che brucia ogni spazio alla politica, alla ricerca di soluzioni condivise, alla costruzione di qualsiasi prospettiva comune e che soprattutto toglie spazio ad un ruolo attivo dell’Europa, è tacciata di filoputinismo, magari proprio da parte di quelli che con quella realtà politica e ideologica hanno avuto più di una contiguità in questi decenni ultimi, una iniziativa del genere è una boccata di ossigeno.

Poi, ci sono tanti altri aspetti da approfondire. In primo luogo il bisogno sempre di rimarcare proprio in questo clima il valore dell’articolo 11 della Costituzione, che è un rifiuto netto dell’uso della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali : e su questo c’è molto da riflettere su diverse iniziative del governo italiano e nel suo stesso rapporto con il Parlamento, rispetto alle quali si sono già consumate scelte che per contenuto e metodo di loro assunzione, si pongono su un terreno di assoluta gravità. E in secondo luogo l’esigenza di specificare che il discorso, pur sensato, su una capacità autonoma di difesa dell’Europa non può che vedere contestualmente definita una riduzione di funzione e ruolo della Nato e, soprattutto, la costruzione di nuovi spazi e politiche della sicurezza comune, anche investendo su organismi già esistenti come l’OSCE. Diversamente, andremmo solo ad un segno + sul terreno del riarmo e di una più generale insicurezza che rialimenterebbe ulteriormente la corsa ad un riarmo generalizzato.

Temi da approfondire e discutere nel modo migliore ma appunto a partire dalla spinta per dare una occasione alla pace, per crearle quello spazio che oggi le è negato e per il quale lo stesso Papa Francesco sta investendo per intero la forza morale, oltreché spirituale, del suo ruolo.

E quindi, si sostengano iniziative come questa, si moltiplichino, ne nascano altre. E’ la cosa più giusta da fare: vicini alla sofferenza del popolo ucraino, netti nella condanna dell’invasione russa, attivi nella costruzione dei nuovi terreni per la pace e il disarmo.

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IL TESTO INTEGRALE DELL’APPELLO

L’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, chiesto dalla Nato, votato pressoché all’unanimità dal Parlamento, confermato dal governo Draghi anche se confusamente spalmato in anni, è non soltanto eticamente inaccettabile, ma politicamente sbagliato. L’obiettivo è realizzare forze militari europee, non incrementare spese nazionali, come in Italia o in Germania (in questo caso per la prima volta dal 1945). L’Unione Europea deve assumere la responsabilità sulla difesa, la sicurezza e la politica estera. Come fu accertato da un’indagine conoscitiva del Senato la realizzazione di un esercito europeo richiederà tagli e razionalizzazioni in alcuni settori, incrementi in altri: non un generico aumento e spreco di risorse. L’Italia con la finanziaria del 2022 ha già aumentato gli stanziamenti nella difesa di circa il 20% rispetto al 2019, del 75% nelle infrastrutture militari. Le risorse per le forze armate sono quest’anno complessivamente 25 miliardi di euro: portarle oggi al 2% del Pil significherebbe un incremento di 13 miliardi. Quale significato concreto ha aumentarle da qui al 2028? Il Pil varia ogni anno: di quanto cresceranno anno per anno gli stanziamenti, in un’ottica principalmente nazionale? Quale sarà la loro entità finale? Domande senza risposta, perché errata è l’impostazione di fondo. L’aumento delle spese militari non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia né con il nostro dovere di sostenerla: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la scelta di una crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa dell’Ucraina. Decisioni relative alle spese militari non possono essere prese sotto la pressione di emozioni del momento (come sta facendo l’Amministrazione Biden con un aumento del 4% della spesa militare nel budget per l’anno fiscale 2023, giustificato “per rispondere con forza all’aggressione di Putin contro l’Ucraina”) e soprattutto senza il coinvolgimento dei cittadini in un reale confronto pubblico. Gli Stati democratici hanno il dovere di garantire anche la nostra sicurezza collettiva, ma nel nostro tempo essa non si realizza attraverso una corsa nazionale al riarmo e occorre che non sia in contrasto rispetto alla necessità di assicurare beni pubblici primari, quali il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’ambiente, al superamento di povertà e disuguaglianze. Nella costruzione di forze armate europee, nel quadro dell’alleanza euro-atlantica, è indispensabile ripensare funzione e ruolo della Nato: queste decisioni non rappresentano un “dopo” rispetto a scelte consapevoli e lungimiranti di una sicurezza non più declinabile nazione per nazione: sono contestuali!

Rivolgiamo un appello al Parlamento e al Governo: si cambino le scelte sull’aumento delle spese militari, niente è ancora irreversibile, e si approvi il Trattato di proibizione delle armi nucleari! 

Come ha detto Papa Francesco “E’ l’ora di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’umanità, prima che sia la guerra a cancellare l’umanità” Parole da accogliere per costruire una cultura della pace, inseparabile dai valori della giustizia, della libertà e della democrazia.

PROMOTORI 

Silvana Amati, Daniela Belliti, Rosy Bindi, Ilaria Bugetti, Ugo Caffaz, Andrea Cecconi, Vannino Chiti, Paolo Corsini, Izzedin Elzir, Marco Filippeschi, Antonino Mantineo, Claudio Martini, Lucio Romano, Enrico Rossi, Severino Saccardi, padre Felice Scalia, Simone Siliani, Walter Tocci, don Armando Zappolini, Stefano Zecchi, Annamaria Carloni

PRIME ADESIONI

Denise Amerini, Piero Bartalucci, Gino Bartolozzi, Tania Benvenuti, Gianni Biagi, Fausto Bosco, Enrico Boschi, Corrado Cirio, Nadia Crivelli, Sonia Farese, Remo Fattorini, Alessandro Federici, Antonio Floridia, Vladimiro Frulletti, Susanna Guidotti, Chiara Innocenti, Myriam Lamela, Mirko Lami, Irene Lorieri, Rita Lucchi, Aldo Luciani, Marco Mainardi, Silvia Mariotti, Massimo Orlandi, Valerio Pelini, Mauro Perini, Anna Piu, Franco Pratelli, Adriano Primadei, Simona Querci, Riccardo Rastelli, Luca Santucci, Mara Sori, Filippo Torrigiani, Gianfranco Venturi , Alfiero Grandi 

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