di Gianfranco Nappi
Bisogna essere grati ad Alex Zanotelli per questa sua Lettera, così carica di passione e di amore.
Un grido disperato a tratti, contro le ingiustizie accumulate in tanti secoli nei quali l’Europa, postasi al centro del mondo ha considerato sè stessa unica fonte di civiltà, unica civilizzatrice ed unica in grado di decidere del futuro di tutta l’umanità. Ed Europa, e poi, Stati Uniti, Canada, Australia, che hanno fondato su questa base la forza di un potere che per ricchezza e tecnica ha soverchiato ogni altro e ha dominato e domina il mondo.
Un mondo unilaterale appunto, nel quale chi si ritrova fuori dal paradigma è posto di fronte al dilemma di sparire o di soccombere, che poi è un’altra delle forme della sparizione del se’ e della propria identità.
Un processo che dalla scoperta delle Americhe si è fatto più intenso, sistematico in quella ossessiva ricerca di ricchezza e potere che dal genocidio dei popoli dell’America del Sud, allo sviluppo con il colonialismo, della tratta dei popoli africani ridotti alla schiavitù, al genocidio dei nativi americani al Nord del continente, agli aborigeni colpiti in Australia, ha caratterizzato gli ultimi cinque secoli di storia.
Zanotelli ci guida in questa storia dolorosa, ce la fa rivivere anche per denunciare quanto una certa Chiesa, quella che si identifica con il potere e che nega le sue stesse origini e fondamenta cristiane, quella che benedice le truppe che vanno in guerra, non sia estranea a questa costruzione e quanto ci sia bisogno che essa stessa cambi nel profondo, viva una sua renovatio radicale, quella che gli sembra cerchi di affermare Papa Francesco. E ci guida così alla scoperta delle radici di quel fenomeno in crescita ed espansione del suprematismo bianco che negli Stati uniti, come nei paesi europei e in Australia si espande in modo preoccupante.
Un grido quello di Zanotelli, teso a scuotere le coscienze e ad indicare soprattutto ai giovani, quelli a cui tutta la sua lettera è rivolta, un’altra strada, perchè questa dominante, fondata sull’esclusione, sul non riconoscimento dell’altro e sul disconoscimento delle sue ragioni, sulla rapina delle ricchezze della natura sta portando l’intera umanità in una condizione di diffusione di paura, di odio. Sì, perchè dice Zanotelli, l’ingiustizia, l’esclusione dell’altro generano rancori e odi profondi.
La via che propone Alex è quella che lui stesso ha sperimentato, lui appartenente alla tribù bianca, per definire così l’Occidentale bianco visto da coloro che non lo sono, che ha scelto di misurare il suo rapporto con il Vangelo e con l’umanità proprio immergendosi nella condizione di questo altro offeso : per lunghi anni, come egli stesso dice, la sua scuola, dopo gli studi negli Stati Uniti, è stata Korogocho, in Kenya, una enorme baraccopoli ai margini della capitale Nairobi e vicina ad un altro dei luoghi di sofferenza, una delle più grandi discariche del paese dove migliaia di uomini scavano nei rifiuti per recuperare il recuperabile per la loro vita. Scarti fra gli scarti.
E’ con questa umanità ‘scartata’ che Padre Alex Zanotelli ha compiuto la propria scelta di vita. Ed è solo da questa capacità che lui ha imparato di com-prendere, con-dividere che può nascere quella visione più ampia, unitaria e plurale, una prospettiva diversa, oltre ogni assolutismo, suprematismo, fanatismo, compresi quelli di religione. Quella umanità plurale su cui egli insiste in tutta questa Lettera, ricca di riferimenti e citazioni di tutto un mondo di studiosi e ricercatori di fede che hanno appunto indicato questa feconda strada.
Una umanità scartata verso la quale l’amore di Zanotelli è pressoché totale. Una umanità fatta, come egli li definisce, di impoveriti, non di poveri ma impoveriti, a voler sottolineare come la povertà non sia una condizione della natura ma il frutto di precisi processi storici e sociali che possono essere combattuti e cambiati.
Un danno grande la tribù bianca ha inferto alla parte più esposta e impoverita dell’umanità. Essa ha un modo per riparare e ce la indica con nettezza, di fronte all’osceno del silenzio delle morti dei migranti, dei loro trespingimenti, della loro chiusura in nuovi lager: ” La grande via che la tribù bianca ha per riparare è quella dell’accoglienza degli impoveriti che bussano alla nostra porta. E’ questione di giustizia riparativa“. E poi, questo passaggio produrrà un altro passo positivo : ” riconoscere l’altro come ricco per me perchè diverso da me, a livello sia culturale sia religioso.”.., per realizzare quello che ” Quello straordinario Vescovo di Molfetta, don tonino Bello, chiamava…” la convivialità delle differenze“.
Un testo bello scritto da un ottantatreenne non domo e che spinge a guardarsi dentro, a interrogarsi. Un testo intenso ed agile che meriterebbe di essere letto e discusso nelle scuole, un vero saggio di formazione che si chiude con un messaggio di fiducia e di speranza nelle giovani generazioni:
” Abbiate il coraggio di indignarvi, di ripensare e di reinventare tutto per far sbocciare un mondo più umano. Ora tocca a te, giovane, umanizzare l’uomo.“
bella foto, bella serata, bella pagina: facciamone tesoro in un periodo così buio e contraddittorio.