Teatro San Carlo sotto tutela
Lissner sovraintendente del lirico napoletano, aveva programmato una serata di gala a sostegno dell’Ucraina, con artisti Ucraini e Russi dal titolo “Ballet for peace”, iniziativa che si poneva nell’ambito di una solidarietà “umanitaria” nel drammatico quadro della guerra ucraina.
Una telefonata del Console Ucraino che notificava al gruppo dirigente della città di Napoli di “essere inaccettabile un evento che avesse al centro una riconciliazione russo ucraina” telefonata sostenuta con vigore dal Ministro Ucraino della cultura a cui i dirigenti napoletani, magari con qualche celata difficoltà, hanno risposto modificando il titolo in “stand with Ucraine ballet for peace”.
In aggiunta il Console Ucraino invitava i suoi connazionali residenti a Napoli a boicottare l’iniziativa in caso che non si cambiasse il titolo originale dell’evento.
Mi pare una vicenda che meriti qualche considerazione: il San Carlo aveva organizzato l’evento nello spirito di una cultura inclusiva, tanto è che gli artisti proposti, e che avevano accettato, erano di entrambe le nazionalità e non avevano opposto alcuna remora a danzare assieme, il Comune di Napoli non ha opposto alcuna resistenza alle richieste ideologicamente nazionaliste degli esponenti Ucraini.
Insomma Napoli mette sotto tutela il massimo lirico in ossequio a una politica nazionalista, rinunzia ad essere un punto di costruzione di pace tra i popoli, eppure oggi è governato da una sinistra alleata a un centro, sinistra erede di un partito che, sia pur in decenni, riuscì faticosamente a non accettare ordini dai cablogrammi moscoviti.
Mi rincuora che gli artisti russi e ucraini, fino ad oggi, non hanno posto pregiudizi ideologici alla loro partecipazione, mi auguro che sul nobile palcoscenico del Lirico di Napoli ci sia un abbraccio tra e per i popoli,
Governatore o Presidente
Un binomio diseguale: Governatore è espressione di uno Stato che delega a un funzionario l’organizzazione della sua politica in un territorio, un Presidente eletto è espressione di una consultazione elettorale di un territorio che nell’ambito costituzionale vigente organizza, assieme al Consiglio anche esso eletto, le politiche locali di sviluppo integrate in quelle nazionali.
Comincerei quindi da qui per ragionare sul “terzo mandato” per un Presidente di Regione della Repubblica Italiana.
L’iniziativa assunta da molti intellettuali e politici della Campania di proporre una legge, ordinaria o costituzionale (?), mi trova concorde nella sostanza: un mandato elettorale non può durare senza un limite congruo temporale, pena il rischio di creare incrostazioni politiche di interessi slegati dalla dinamica sociale. Lo stesso Presidente della Repubblica, recentemente rieletto, ha esposto il timore sulla reiterazione degli incarichi e si è appellato alle forze politiche per farsi carico di un problema che investe la sostanza stessa della nostra democrazia.
Quindi ben venga un limite, direi costituzionale, per le presidenze delle Regioni, poi esiste un tema politico: come si può, in Campania si deve, costruire un’alternativa all’attuale gestione del governo regionale.
L’ elettorato si va’ restringendo in modo esponenziale, oramai non più del 50% esercita il diritto di voto, le rappresentanze elette sono molto spesso espressione di gruppi di interesse che nel trasformismo trovano fonte e autorappresentazione, si veda il silenzio assordante dei componenti il Consiglio regionale della Campania sul tema terzo mandato.
Oggi quarto giorno della fine del periodo emergenziale della pandemia, le file ai centri di effettuazione dei tamponi si sono allungate come quelle di sei mesi fa, gli ospedali regionali stentano a ritrovare l’ordinario funzionamento, si allungano le liste di attesa per interventi chirurgici anche urgenti.
Si possono aggiungere molte altre liste di difficoltà sociali, di crisi occupazionali, di malgoverno di enti e istituzioni; solo per dire che se non si affrontano politicamente e socialmente questi temi non si esce dalla segmentazione sociale, base delle corporazioni elettorali, e che se pure passasse una legge che limiti i mandati, non si fermerà il calo dei votanti, non si supereranno le corporazioni, non si costruirà un processo di coesione sociale inclusiva.
Non propugno un ritorno della politica, ma una politica nuova che parta dallo stato esistente delle cose, che abbia l’ambizione di proporre un orizzonte democratico di sviluppo condiviso per superare diseguaglianze e ritorni bellicisti.
Auguro buon lavoro ai promotori dell’iniziativa “No terzo mandato” con l’augurio che il dibattito sul regionalismo si arricchisca di proposte nuove e coinvolgenti la società.
Massimo Anselmo