di Gianfranco Nappi

Quando avvertiamo che il corpo è sempre meno uno strumento e sempre più un ostacolo, è difficile scansare il pensiero della fine e di che cosa rimarrà di noi dopo di essa, e quindi anche della ricerca che è stata al centro della nostra vita“.

Così comincia l’ultimo lavoro di Franco Cassano che viene presentato nella bella introduzione di Alessandro Laterza come il lavoro di chi “ sente vicina la fine” e intende “esprimere una interpretazione autentica del proprio percorso, mantenendo vivo il senso di quanto sia impossibile l’autocertificazione...”.

E’ tutta intorno a questo nodo del contraddittorio, che ruota questo agile ma intensissimo lavoro di un intellettuale che scomparso nel febbraio del 2021 ha rappresentato uno dei percorsi più originali del pensiero meridionale e che anzi, proprio ad una diversa lettura del Mezzogiorno, con il suo Pensiero Meridiano, 1996, ha fornito un contributo fondamentale. In questo Bari rappresenta davvero una singolarità su cui si è riflettuto davvero poco, con quella che pure è stata definita come Scuola barese ( Arcangelo Leone De Castris, Giuseppe Vacca, Giancarlo Aresta, Mario Santostasi, Franco De Felice. Franco Cassano appunto ), l’attività di Case Editrici come la De Donato nel passato e quella, intensissima e con tratti di unicità nel panorama editoriale italiano, della Laterza che anima un vero e proprio circuito di dibattito pubblico che incrocia la stagione dei nuovi governi del territorio a cominciare da quello felice, e su cui pure si dovrebbe riflettere molto di più, di Nichi Vendola in quella Regione.

Cassano rivendica questo suo stare sul confine, sul limite, sul punto cioè dove stai nel tuo ‘campo’ ma senza rinunciare a vedere anche la ragione di chi sta dall’altro lato, vista meglio proprio per questo stare scomodo ai bordi; credere nelle proprie idee ma vederne il limite, senza alcuna assolutizzazione foriera di tragedie come la storia ci insegna.

E’ in questo vivere contraddittorio del resto che si ritrova anche però il senso di un pensiero fecondo, più ricco proprio perchè più comprensivo. La contraddizione, come dice Cassano come “ la forma di esperienza più acuta della propria insufficienza e precarietà” : ed è essa che spinge la ricerca su nuovi territori, la fa avanzare, ne delinea un percorso che si nutre di questa ” mobilità inquieta che non si acquieta“.

E’ lo stesso autore che da’ con altre parole una ulteriore definizione di questo fondamentale concetto: ” Non si tratta quindi della placida ricerca del giusto mezzo, ma di avvertire ogni volta la dissonanza, l’attrito capace di rivelare l’esistenza di altri versi, la necessità di non rimanere seduti“.

Questa tensione non deve venire mai meno. Soprattutto pensando alla politica, alla sinistra, al cui percorso la storia di Franco Cassano è strettamente legata. E quindi la stessa trasformazione sociale va pensata in questo modo. Egli lo fa riprendendo il Marx dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 e dicendo anche che ” quest’apertura alla forza rivoluzionaria della speranza va alimentata, ma nello stesso tempo va continuamente tenuta sotto controllo cercando di avvertire per tempo il momento in cui essa inizia a scricchiolare, a produrre degli effetti perversi e corre il rischio di rovesciarsi nel suo contrario.“.

Ecco l’esercizio critico che deve rimanere sempre vigile.

E proprio alla prospettiva della sinistra, al suo modo di guardare al mondo egli dedica le ultime pagine di questo lavoro provando a rimanere lontano sia dalla fissità di concezioni della trasformazione che diventano delle gabbie nei confronti della realtà e sia da quelle che invece assumono tutto il nuovo come buono e positivo e vi si adeguano passivamente. Temi su cui del resto lui era già venuto con il suo saggio del 2014 Senza il vento della storia. La sinistra nell’era del cambiamento.

La navigazione saggia non può che avvenire tra questi due estremi ed egli raccomanda, di fronte all’esaurirsi delle condizioni storiche del compromesso socialdemocratico, che ha segnato il massimo grado di conquiste raggiunto dal proletariato industriale in Occidente, e di fronte agli evidenti elementi di crisi della globalizzazione neoliberista, di non pensare che la soluzione possa consistere nel provare a rinchiudersi nei recinti dei confini nazionali per ritrovare certezze, di classe e di diritti e poteri per il mondo del lavoro, che non sono riproponibili più in quelle forme passate.

Un punto sarebbe interessante discutere con lui, ma lo possiamo fare solo da qui, purtroppo. Cassano sottolinea come forme di trans-nazionalizzazione negli ultimi decenni siano andate avanti disegnando un campo che potrebbe rappresentare il necessario contraltare alla asimmetria oggi dominante tra una politica chiusa nei confini nazionali ed un capitale che invece ha compiutamente eletto il mondo intero , unificato a scenario del proprio sviluppo. E indica anche il farsi seppur faticoso dell’Europa in questa direzione.

Io credo che l’Europa sia senz’altro uno degli ancoraggi fondamentali.

Andrebbe accentuato però, a mio modo di vedere, di gran lunga in due direzioni il suo sviluppo.

Da un lato la politica, quella della sinistra in primo luogo, dovrebbe superare, massimamente in Italia, il suo essere a-sociale e a-ideale, il suo non avere alcun ancoraggio sociale ed alcuna proiezione di visioni della società, di idealità, di pensieri lunghi appunto, come Laterza sempre nella introduzione definisce il contributo intellettuale di Franco Cassano. Cominciando anche a pensarsi e a costruirsi progressivamente in una dimensione internazionale come presupposto di un reale nuovo internazionalismo: soggetti politici europei per davvero quindi capaci di sostenere in modo forte lo sviluppo di obiettivi attraverso pratiche comuni. Nel superamento di quella asimmetria tra politica nazionale capitale globale questo è uno dei passaggi ineludibili.

E poi, in secondo luogo, tutte le espressioni della trans-nazionalità dal punto di vista dei rapporti tra gli Stati, pur sviluppate in questi decenni non sono mai giunte fino al punto di immaginarsi, neppure dopo la crisi del 2007-2008, come necessaria ri-normazione e ri-regolazione nei confronti della libertà assoluta e sregolata appunto del capitale globale. Qui il salto necessario da compiere è davvero enorme, proprio perchè la regolazione ‘nazionale’ del compromesso socialdemocratico è saltata e non ritorna. E quanto questa nuova regolazione sia indispensabile lo vediamo nella lotta ai cambiamenti climatici e in quella vergogna del rifiuto delle grandi case farmaceutiche di sospendere almeno i propri brevetti sui vaccini per consentire di mettere in sicurezza tutta l’umanità.

E nuova regolazione e nuove istituzioni globali necessarie soprattutto per evitare che un sistema che è diventato globale e , pur con diverse varianti, governa il mondo secondo il principio della massima esaltazione della concorrenza, per raggiungere il massimo del profitto possibile, generi conflitti incontrollabili. Sapendo che abbiamo , ci dice Cassano “ a che fare con la lotta, che potrebbe assumere non una forma regolamentata e pacifica, ma quella della ostilità aperta e della guerra, passando la parola alla politica di potenza degli Stati...”

E qui, bisogna dirlo, guardando all’oggi, c’è qualcosa di davvero profetico in quel che ci ha lasciato Franco Cassano come monito e traccia di ricerca aperta e viva.

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