Nei giorni scorsi un nutrito gruppo di intellettuali ed esponenti della società civile campana ha promosso e reso pubblico un appello-lettera aperta a Enrico Letta per denunciare la deriva che il governo della Regione ha assunto, a cominciare dall’intenzione di rendere possibile anche un terzo mandato al Presidente della Regione. La richiesta al Segretario nazionale del PD è per un suo intervento risolutore.

( https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/politica/22_marzo_09/pd-lettera-intellettuali-campani-letta-basta-la-deriva-deluchiana-ee9a36ae-9f86-11ec-9d51-4f890d9eef19.shtml

https://www.repubblica.it/politica/2022/03/09/news/lettera_pubblica_degli_intellettuali_campani_al_leader_pd_caro_letta_risolvi_il_problema_de_luca-340704848/

https://ilmanifesto.it/caro-letta-non-vedi-la-deriva-clientelare-di-de-luca/ )

Aldo Schiavone ed Ernesto Galli Della Loggia hanno giustamente osservato sul Corriere del Mezzogiorno di domenica 13 marzo che uno dei meriti più grandi della recente Lettera è quello di avere rappresentato la presa di parola di intellettuali e società civile in termini liberi e critici nei confronti del potere regionale.
Concordo. C’è un velo di conformismo che la Lettera contribuisce salutarmente a squarciare ed aiuta ad aprire un terreno di confronto che non può che far bene al dibattito pubblico e alla Campania.
Se da Santa Lucia o dal PD ci si illudesse che alle questioni poste si possa rispondere sostanzialmente con il silenzio si farebbe penso io un calcolo sbagliato: la Lettera stessa è l’indice di una incrinatura profonda di rapporto con settori ampi di società che se non affrontata positivamente è destinata a crescere.
Qual è allora il punto che voglio porre interloquendo con amici e compagni con cui ho condiviso tanto del mio passato di militanza e a tanti dei quali mi legano vincoli forti di amicizia?


Io mi chiedo se il problema non sia più profondo e radicale tale da richiedere ben altro che una lettera a Letta.
Il nodo è secondo me proprio questo: quel che accade in Campania, è una deviazione, espressione più o meno classica, di un ritardo o mancata modernizzazione del Mezzogiorno o invece, certo con tutte le sue peculiari esasperazioni, segno di una torsione più generale, dotata di una sua modernità, che la rende non altra cosa ma una delle espressioni prevalenti della politica oggi, al Sud come al Nord, nel PD non meno che negli altri partiti, anche in questo sostanzialmente tutti accomunati?
Se è la prima, una Lettera a Letta può essere risolutiva. Se è la seconda, allora può non essere sufficiente.
E qual è questo tratto comune? Una politica senza orizzonti ideali, senza strutturazione partecipativa, senza capacità di rappresentanza sociale; nutrita dall’idea della centralità della funzione di governo/amministrazione che vive come un fastidio, al Governo come alla Regione, il ruolo delle assemblee elettive che vengono percepite come perdita di tempo; esasperazione individualistica e personalistica della leadership.
Voglio fare qui due esempi a mio modo di vedere macroscopici su cui si è discusso e si discute ancora troppo poco, oltre all’altro tema sollevato dalla stessa Lettera su cosa significhi ipotizzare la possibilità di un terzo mandato per il Presidente della Regione.


Il primo. Dalla Presidenza della Regione si è organizzata direttamente la costruzione di liste di candidati alle ultime elezioni regionali, 13, comunali di Napoli, 14, e ora per la Città metropolitana. Dal Governo si è organizzata direttamente la rappresentanza, tale per cui, in Consiglio regionale, come in Consiglio comunale e come credo nel consiglio della Città Metropolitana, non c’è una maggioranza composta da partiti ma una maggioranza composta da liste e consiglieri che rispondono direttamente al capo del Governo. A me sembra un fatto enorme per questa redutio ad unum di potere esecutivo e potere rappresentativo/legislativo, per questo esautoramento dei partiti e di ogni forma trasparente e pubblica di confronto nella organizzazione della rappresentanza. Non c’è in questo un gravissimo reiterato vulnus democratico? Come si è organizzata questa rappresentanza, sulla base di quali accordi, intese, scambi? Non è dato sapere. Rimane tutto coperto dal velo di oscurità e segreto. Perfino più grave della stessa ipotesi di un terzo mandato che pure non è poca cosa. Abbiamo posto la questione nei mesi scorsi e la riproponiamo per porla anche ai promotori della Lettera.
Il tutto è avvenuto e avviene nel silenzio di quel centro di direzione politica, Segretario e organismi nazionali, che, nei fatti, dirige ben poco nel momento in cui è la forma partito intera PD che si presenta sempre più come un aggregato di correnti e gruppi, ciascuno con il proprio terminale istituzionale che si legittimano reciprocamente nella relazione tra alto e basso, tra centro e periferia. Che può dire Letta che di tutto questo è espressione? L’ultimo a porre in modo perfino eclatante la questione è stato Nicola Zingaretti che giusto un anno fa dopo aver gridato “ Mi vergogno del mio partito”, lui che ne era il Segretario, preannunciando, si immaginava, una trasparente battaglia politica, si dimise senza colpo ferire e riprese a fare il Presidente di Regione, come se nulla fosse successo e nulla avesse detto.


E, per tornare alla Campania, quei livelli istituzionali, così formati, ecco il secondo tema, saranno quelli decisivi nell’attuazione del PNRR e dell’utilizzo delle sue risorse.
Come si sta gestendo l’operazione di investimento più significativa da sessant’anni a questa parte: quale dibattito pubblico sulle finalità di utilizzo delle risorse, sugli obiettivi, sulle priorità? Dov’è la trasparenza nella gestione? A Roma non c’è stato un confronto più largo e trasparente che a Napoli: è totalmente mancato lì come qui. Su tutto, l’idea fondamentale è che sembra si stia mettendo in moto non un progetto di sviluppo nuovo, che appunto richiederebbe la mobilitazione delle migliori energie della società, ma una montagna di opere pubbliche di cemento e asfalto. In Campania massimamente.
Il PD, il suo gruppo dirigente nazionale, intendono mettere in discussione questo? Intendono essere altro da questo? Intendono cioè essere altra cosa da una forza di centro?
Il tema che pongo quindi è che vedo difficilmente superabili queste contraddizioni entro l’attuale quadro politico-partitico.
Varrebbe la pena quindi di ragionare sulla vera anomalia del nostro paese: l’assenza di una forza di sinistra, popolare, capace di suscitare una nuova passione e una nuova partecipazione per la politica: la realtà di ogni giorno ci dice quanto pesi negativamente questa assenza.
Attenzione, sento già l’obiezione verso questo ragionamento e verso la Lettera: ma con la Pandemia, la Guerra addirittura, che vuoi discutere di politica rinnovata?
Io penso invece che proprio l’azione di soggetti organizzati per una inedita capacità di progettazione sociale sia necessaria per una società migliore dopo/con la pandemia ed una grande mobilitazione dei popoli per la pace costituisca una delle condizioni fondamentali per avvicinare la fine della guerra e la costruzione della pace. Serve la politica. Appunto.
Gianfranco Nappi


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