di Iaia De Marco
Al Rione Terra è legata tutta la storia, e gran parte della cultura materiale, della città di Pozzuoli.
Sono incarnate in questa rocca la mitica Dicearchia, la città del “giusto governo” sorta con la colonizzazione greca; la Puteoli che ospitò le ville dei Cesari e Cicerone; la meta del Grand Tour,
immortalata in numerosissime stampe, incisioni, quadri; il borgo popolare che ospitò gli operai di importanti industrie che conquistavano il mondo con i carrelli, prodotti dall’allora Sofer, su cui si muoveva la metropolitana di New York, o con i radar della Microlambda – oggi Leonardo – che guidavano le navi militari americane, o con il primo personal computer della Olivetti
E in questa rocca, vuota per decenni, c’è anche la memoria di una ferita profonda, la testimonianza drammatica delle conseguenze del bradisismo e della vitalità di un popolo che crea una delle prime città di nuova fondazione dove accogliere gli abitanti di Rione Terra sgomberati per effetto, appunto, del bradisismo: Monteruscello.
Questo e tanto altro è la rocca di Rione Terra: il retaggio di una storia civile millenaria.
L’Amministrazione comunale, con determina del 5/08/21, decide la “messa a reddito” (parole del Sindaco) del borgo ristrutturato in parte, dopo cinquanta anni e centinaia di milioni spesi. E dopo anni di innumerevoli iniziative di discussione pubblica sul destino del sito promosse da varie realtà associative, un convegno di studi (2015) curato dalla fondazione Promo PA, intitolato “Dalla rinascita della cattedrale alla valorizzazione del Rione Terra. Un percorso di confronto tra complessità gestionali e opportunità di rifunzionalizzazione” molto partecipato, anche dalla cittadinanza, e, infine, a seguito della convenzione del 7 aprile 2016 con l’Agenzia del Demanio, uno studio di supporto alle decisioni al fine di perseguire la valorizzazione del sito in una visione strategica di sviluppo e valorizzazione nel più ampio territorio flegreo, e nella definizione chiara degli obiettivi della iniziativa e nella individuazione di soluzioni adeguate e praticabili nel rispetto di vincoli di risorse. È da sottolineare che in tutti gli interventi, finanche nelle raccomandazioni conclusive del documento del Demanio, è stata rimarcata l’importanza fondamentale del coinvolgimento attivo della popolazione nelle decisioni di merito.


Il risultato è stato un bando di gara (agostano, come nella peggiore tradizione italica) per la concessione e valorizzazione del bene e del relativo logo ai fini della promozione turistico-culturale, orientato a un concessionario unico, privo di indicazioni vincolanti in materia di turismo culturale, di momenti di verifica, né sulle attività né sugli importi delle sub concessioni, e che prevede, invece, un diritto di prelazione sulle altre insule (ancora in ristrutturazione) da affidare.
Il timore è che si finisca, di fatto, in una di quelle privatizzazioni che, già in troppi casi, sono state fonte di grandi profitti per i concessionari, ma di nessun vantaggio per le città, le finanze comunali e lo sviluppo dei territori.
In sostanza, la determina tratta il Rione Terra come un qualunque patrimonio immobiliare, trascurando il suo essere il luogo simbolico dell’identità di Puteoli, l’incarnato delle sue storie, da Dicearchia all’iconografia del Gran Tour, né coglie l’occasione per rilanciare le caratteristiche che hanno portato Pozzuoli e l’area Flegrea all’attenzione internazionale: l’eccezionale natura geologica, l’importantissimo patrimonio archeologico, l’intensità paesaggistica.
La valorizzazione turistica di questi aspetti si fonda su un’adeguata promozione e una consapevole gestione che deve sapersi coordinare con le iniziative culturali del territorio, con le più avanzate esperienze di rigenerazione urbana e sociale, con gli hub creativi internazionali e con le università nazionali ed estere. E deve saper offrire infrastrutture e servizi di qualità, reti di accoglienza, di ospitalità, di tempo libero e di produzione culturale di livello europeo, in grado di generare occasioni di lavoro qualificato, esteso e articolato su diversi settori, migliorando, così, anche le prospettive occupazionali per i giovani puteolani.


Rione Terra ha tutte le caratteristiche per essere motore di processi di questo tipo.
La valorizzazione culturale pretende ben altro spirito e competenze di quanto timidamente prescriva il capitolato. Come sempre sostenuto dal prof. Giuseppe Luongo, per esempio, il Rione Terra avrebbe potuto essere scelto come cittadella della mitigazione del rischio (intercettando ora anche la missione della Transizione Ecologica del PNRR), realizzando un centro internazionale di ricerca sul Bradisismo capace di attrarre, accogliere e ospitare docenti, ricercatori, studenti, con ciò ripristinando anche una residenzialità (l’unica prevista in incremento all’esistente in zona di rischio sismico arancione) che restituirebbe vita allo storico borgo e darebbe senso agli insediamenti commerciali e turistici previsti dalle destinazioni d’uso, garantendo un’utenza sicura e di qualità.
Insomma, la concessione, così come messa a gara, sembra alludere più a una cessione in proprietà che ad altro. Un tradimento netto dello spirito della legge speciale per Pozzuoli 475 del 19/07/71 che dispose l’esproprio di tutti gli immobili del borgo, trasferendone la proprietà al patrimonio indisponibile del Comune.
Dai primi di ottobre, un gruppo di cittadini e cittadine che hanno aderito all’Appello per il Rione Terra ha promosso una mobilitazione di contrasto all’ipotesi di concessione a vari livelli, dalla denuncia al Difensore Civico regionale il difetto di informazione da parte dell’amministrazione comunale, alla richiesta di intervento rivolta al Sindaco della Città metropolitana di Napoli e al Ministro dei Beni Culturali. Di particolare rilevanza è stato l’incontro con il prof. Paolo Maddalena che ha sottolineato quanto la gestione in concessione del Rione Terra non sia solo un atto sconsiderato dell’amministrazione locale, quanto il risultato di una legislazione che, negli anni, ha portato alla “privatizzazione” dei beni pubblici, distorcendo il concetto costituzionale di “proprietà pubblica come proprietà dei cittadini”.
Da qualche giorno, sono note le imprese che hanno partecipato alla gara, la qualità e le caratteristiche dei concorrenti sono molto inferiori alle aspettative della stessa Amministrazione.
E qualche considerazione in tal senso, oltre al Comune, dovrebbero farle anche gli altri attori interessati: la Diocesi e la soprintendenza ai beni archeologici.
Dobbiamo scongiurare il rischio serio che l’antica rocca cada in mani quanto meno incompetenti, per non vanificare l’eroica resistenza di un borgo che ha vinto anche l’abbandono. E quella di chi, come noi, continua a credere che i beni culturali siano patrimonio di tutti e tutte. In ogni tempo.

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1 commento

  1. Grazie, non ero aggiornato sulla questione. Sono d’accordissimo sull’analisi è preoccupato sia della azioni “distratte” della Amministrazione per meglio dire “ scellerate”, sia per gli sviluppi e gli scenari infausti relativi al Rione Terra. Come per tutto il patrimonio culturale e artistico dovrebbe a mio avviso valere il concetto assoluto di bene pubblico con una gestione sì lungimirante ma controllata che garantisca tutela e fruibilità È un bene Culturale non deve essere oggetto di mercato. Deve produrre ricchezza Etica di opportunità, di servizio, di volano di conoscenza e di idee. Una partecipazione allargata è una azione coordinata rispettosa e condivisa è possibile…. ci vuole una Buona Politica però.

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