Il fronte di lotta che si è costruito intorno alla vertenza della GKN come la recentissima straordinaria manifestazione di Firenze ha dimostrato, è andato allargandosi. Ad esso concorrono anche con una specifica elaborazione tanti Giuristi democratici per definire un nuovo quadro regolativo nei confronti dello strapotere delle grandi imprese globali e dei loro proprietari e controllori finanziari, sempre più spesso Fondi di Investimento, tesi al raggiungimento permanente delle condizioni del massimo profitto possibile. Un grande nervo scoperto della costituzione materiale del capitalismo contemporaneo. Di fronte a scelte di chiusura e o di delocalizzazione di stabilimenti e impianti produttivi che non rispondono in alcun modo a crisi o problemi di mercato ma solo appunto a logiche finanziarie si è anche sviluppata una capacità di risposta, di resistenza, di insorgenza vera e propria in questo caso che sarebbe un delitto far cadere e non sostenere in tutti i modi possibili.

Del resto, quanto accade alla GKN è la stessa cosa che accade alla Whirlpool di Napoli e accade in tantissime altre realtà. Ecco perchè questa lotta e queste lotte assumono un valore più generale.

Siamo di fronte a lotte difficilissime proprio perchè il confitto è localizzato ma l’interlocutore è globalizzato, in buona misura difficilmente condizionabile dal livello locale e nazionale: i territori e gli Stati sono quasi disarmati di fronte alla protervia finanziaria.

Ovviamente siamo di fronte all’epilogo, o al manifestarsi pieno, delle conseguenze di tutte le politiche neoliberiste di questi ultimi decenni ma anche di tutte quelle che hanno pensato di attrarre ogni capitale estero possibile al di fuori di ogni quadro regolativo, senza porre condizioni, consentendo le più aspre forme di dumping fiscale alimentando la competizione tra Stati e all’interno degli Stati tra i singoli territori al grido di : venghino signori che qui da noi si offre di più

E’ evidente che occorre articolare un campo di iniziativa e di proposta che coinvolga più Stati contemporaneamente, che veda protagonista l’Europa per giungere a nuove forme regolative. E servirebbero soggetti – sociali, sindacali e politici – capaci di muoversi compiutamente su scala internazionale ed europea massimamente : immaginiamo che impatto potrebbe avere una mobilitazione comune a livello europeo di lavoratori e lavoratrici di più paesi a sostegno di una innovativa piattaforma di diritti e poteri per il lavoro. E farebbe bene il Sindacato, così meritoriamente impegnato nei luoghi terminali del conflitto sui territori , a muoversi a questi livelli.

Insomma, non si combatte la battaglia nel terzo millennio solo con gli strumenti residui ( seppur ancora benedetti…) del novecento.

Certo invece c’è una cosa non piccola che a livello nazionale si può fare subito, per sostenere la lotta, assicurare ad essa uno sbocco e spingere per nuove e più avanzate regolazioni a tutti i livelli.

Il Governo può e deve decidere che nei siti industriali interessati da fenomeni di delocalizzazione e o di chiusura non legati a crisi produttive si sperimentano nuove forme di intervento pubblico per sostenere la nascita di nuove compagini aziendali dotate di adeguate capacità manageriali e di capitale di avvio garantito pubblicamente: la sfida non è assicurare un reddito ai lavoratori ma non accettare un ulteriore depauperamento produttivo e sociale garantendo in alternativa la prosecuzione delle attività produttive. Al tempo stesso in queste situazioni, che, è bene sottolinearlo, rappresentano contraddizioni già non risolte solo grazie alla intelligenza della lotta operaia che si sta dimostrando non solo di resistenza ma anche capace di allargare il campo dei soggetti coinvolti, si possono sperimentare anche forme nuove di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, alla formazione del suo capitale, ricorrendone le condizioni e ritrovandosi la disponibilità dei lavoratori interessati.

Parlerà anche di questo il Decreto a cui il Ministro Orlando ha lavorato? E la Lega lo blocca o lo fa andare avanti?

Questa è una bella lotta da fare dunque. Una lotta di sinistra. Una lotta necessaria.

Quel che risulta evidente è molto chiaro: è una battaglia difficilissima. Da essa si esce con un passo avanti solo se entrano in campo nuove soggettività e nuovi e più arditi contenuti.

Gianfranco Nappi

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