di Giuseppe Vitiello


E’ giusto sostenere che il Sud vada rimesso nuovamente al centro di un piano cospicuo di investimenti e che tale scelta sia necessaria per l’ intero Paese che non ripartirà se non si “accende” anche il motore meridionale. Da ultimo I. Sales, su Repubblica del 28 Marzo, richiama non solo l’ assoluta giustezza della suddetta indicazione ma ne chiarisce anche la convenienza, mettendo a confronto il caso della riunificazione delle due Germanie con le vicende dei tentativi compiuti per diminuire il divario tra Nord e Sud dell’ Italia. E lo fa corredando i suoi semplici argomenti, con dati economici e finanziari chiari e precisi, anche per confutare tesi del tutto prive di fondamento ( per quanto ancora volgarmente diffuse ) che continuano a rappresentare la annosa questione, ed ogni tentativo di riduzione della storica disuguaglianza territoriale, solo in termini di spreco e inutilità.
Partendo da questo dato c’è da chiedersi, però, se ciò sia sufficiente e se una massiccia iniezione di risorse pubbliche e capitali privati sia oggi la condizione essenziale capace di determinare una riduzione del divario territoriale ed una crescita capace, per quantità e qualità, di ridurre drasticamente le distanze e le disuguaglianze.


Per ragioni di sintesi cito un passo di un mio articolo “ SUD “ pubblicato su “ L’ Unità “ del 15/4/2017
:
“ ll punto è che l’ umile e parzialissimo sguardo che è possibile volgere da questo limitato, e niente affatto privilegiato, osservatorio inizia a far intravedere scricchiolii, cedimenti e pericoli di crollo intorno ad aspetti fondamentali e – oserei dire – “esistenziali” della nostra convivenza civile. Nonostante tutto – in apparenza e ad uno sguardo nemmeno troppo distratto – può sembrare che comunque “la barca va”, che c’ è molto da fare, da combattere e debellare ma, tutto sommato, la situazione è sotto controllo, regge. L’ impressione – approfondendo e guardando un poco dentro il vissuto quotidiano delle persone e delle famiglie – è, invece, che siamo, se non oltre, molto vicini ad un punto di irreversibile rottura. Intendendo per rottura non la semplice messa in discussione di generali principi di legalità; di corrette regole comportamentali; di corrette pratiche economiche e di ricerca del profitto e di normali procedure per l’ accesso a opportunità di lavoro e sostentamento; di consueti rapporti dialettici ma rispettosi tra cittadini, politica e pubblica amministrazione. Ma della rottura, piuttosto, del faticoso – se volete non esaltante – equilibrio costitutivo che ha prodotto qui una forma singolare di sopravvivenza carica di creatività, dignità e speranza, un’ “arretratezza” combattiva, una persistente dialettica tra criticità e innovazione pur nella consapevolezza della “fatica” del punto di partenza.
Cos’ è, oggi, camorra ? Qual’ è, oggi, esattamente il rapporto tra politica, affari e camorra ? Si assiste, sgomenti, ad un ampliamento a dismisura della cosiddetta “zona grigia”. Aree sociali che fino a poco tempo fa, non senza ambiguità e cadute, comunque erano interessate a garantire una impermeabilità di politica e amministrazione a fenomeni criminali appaiono, oggi, tendenzialmente attratte, se non fagocitate, dentro circuiti corruttivi e collusivi. Una parte della politica, dell’ amministrazione e di ceti professionali, lungi dall’ essere esposta (come tradizionalmente avveniva) alle tradizionali dinamiche di infiltrazione/intimidazione, diventa cabina di regìa per l’ elaborazione di progettualità criminosa e stanza di compensazione per gli equilibri tra i diversi gruppi criminali. Ci sarebbe da chiedersi, in queste particolari condizioni, cos’ è oggi l’ associazione mafiosa e cos’ è il famoso concorso esterno. Chi associa chi e chi è esterno ed a che cosa.
E cos’ è il consenso democratico in una realtà che è fondata, oggi, molto più sul bisogno e sulle rendite che sul lavoro e l’ impresa profittevole ? Da Roma si inizia, ora, a percepire qualcosa ma, da qui, si ha la certezza, da tempo, di uno spossante combattimento quotidiano di persone, famiglie e intere aree sociali con il tema della sopravvivenza, del giorno per giorno, dell’ incertezza permanente. Con un progressivo inasprimento di relazioni personali, familiari e sociali e con la progressiva difficoltà di far vivere reti di solidarietà e partecipazione democratica.

La nostra realtà è sicuramente piena di esempi, piccoli e grandi, di comunità che hanno saputo e sanno tenere la barra dritta, riscattarsi, crescere innovando. Ma al di là degli sforzi immani che sono stati necessari e delle circostanze positive che di volta in volta hanno alimentato iniziative di buon governo, rinnovamento, speranze vere, il rischio – se nulla cambia – è che divenga pura testimonianza anche la posizione più moderatamente riformista e asseritamente democratica.
E cos’ è, oggi, la Pubblica Amministrazione ? Come si afferra, oggi, il tema dirimente di una Pubblica Amministrazione vocata alla innovazione, alla semplificazione, alla crescita, alla legalità ? Dentro le PP.AA. vi sono moltissimi casi, da definire addirittura eroici, di lavoratrici e lavoratori che si fanno carico di ogni cosa e ci sono aree di inettitudine e di sconvolgente malaffare. Ma nel complesso questa P.A. appare ripiegata su se stessa, avvertita come un peso e un ostacolo. Incapace di slanci, di assumere il carico di una missione rinnovatrice, di divenire il motore di un percorso di riscatto e liberazione. Dipende dalla Politica, certo. Ma non solo e non è così semplice. C’ è in gioco una società, molteplici comunità, destini individuali e collettivi, storie vere. E non dipende più solo da chi guida, dal Sindaco, dal Presidente, dal Leader.
E qual’ è oggi il rapporto tra economia legale e illegale, tra etica e lavoro e profitto? La crisi ha scavato solchi profondi, innalzato altre barriere, costruito nuovi recinti. E, nella crisi, la disponibilità enorme di liquidità proveniente dalle attività illecite ed il suo parziale “investimento” in attività lecite ha prodotto e sta producendo una trasformazione della geografia economica e politica delle nostre terre che non può non produrre effetti devastanti sugli assetti di potere, sociali ed istituzionali, in aree decisive per il nostro Paese.
E’ chiaro, ovviamente, che tutto questo non può giustificare sentimenti di rassegnazione e di qualunquismo e che non è possibile chiedere ad alcuno di produrre effetti magicamente risolutivi, di avere soluzioni rapidamente risolutive. Oggi, più che mai, è proprio vero che si naviga a vista.”


In quel 2017 speravo di sbagliarmi
ma, per esempio, il voto delle Politiche del 2018 non fù altro che una fotografia – neanche la peggiore possibile – delle sensazioni che ispiravano l’ articolo citato. A quella situazione, neanche a dirlo, si sono aggiunti gli effetti devastanti della Pandemia ancora in corso, disvelando, aggravando e acuendo fratture e disagi vecchi e nuovi e facendo emergere voragini di fragilità e incertezza.
SI dirà, e si dice, che sarà comunque doveroso accompagnare gli investimenti con interventi di riforma e potenziamento della Pubblica Amministrazione, con semplificazioni di percorsi e procedure amministrative, con snellimento delle attività giudiziarie, con innovazioni nelle dinamiche decisionali. Ambizioni utili e anch’ esse opportune che però, a mio parere, non colgono il segno.
Se il quadro di insieme prima delineato fosse vero anche solo parzialmente e cogliesse solo in parte le reali condizioni de Mezzogiorno, investimenti massicci e riforme parziali continuerebbero a rimanere condizioni necessarie ma niente affatto sufficienti a creare le condizioni strutturali e durature per una nuova fase di crescita e sviluppo del Sud per due fondamentali motivi.
Perché il Mezzogiorno potrà raggiungere un tale obbiettivo e potrà rappresentare un’ occasione straordinaria per l’ intero Paese e per l’ Europa solo se risorse, capitali e modifiche normative saranno disciplinati da una “visione” che faccia dei territori meridionali un inedito “ cantiere “ che provi ad affermare un nuovo modello di convivenza e di crescita capace di tenere insieme qualità delle scelte e degli obiettivi, quantità delle occasioni di intervento, inclusione sociale e valorizzazione piena del capitale umano, legalità e partecipazione democratica, verificabilità condivisa dei risultati. E se tale processo divenga una leva di cambiamenti e trasformazioni che investa di sé l’ intero Paese; se costituisca un pezzo del percorso di un’ Europa più giusta, più solidale, più democratica; se si ponga come riferimento per un’ iniziativa che parli al Mediterraneo ed alla assoluta necessità di riaffermarne la sua autentica vocazione di potente strumento di scambi, pace e ricchezza. Insomma, la battaglia per un nuovo modello di sviluppo o parte da qui o non partirà mai.
Perché il rischio che risorse e innovazioni affoghino dentro la melma della rete perversa e maleodorante della “ zona grigia “ che connota gran parte del territorio meridionale è, oggi, molto alto. E porta con sé il consolidato e diffuso tentativo di provare a “governare“ la nuova complessità meridionale con un trasversalismo politico che si va facendo costume, osannata regola di scaltrezza, parametro di “ merito e di qualità “ sociali e politiche. Un trasversalismo che, in alcuni casi, “ allude “ ad un neoleghismo meridionale che rischia di rappresentare uno dei veri fattori di ostacolo allo sviluppo del Mezzogiorno e una siderale contraddizione con obiettivi di qualità della crescita e della partecipazione, nonchè di tradursi in concrete scelte politiche e amministrative guidate da criteri di distribuzione neoclientelare, improduttiva e arbitaria di investimenti e risorse tale da rendere impossibile l’ “aggressione” necessaria ai nodi strutturali e perduranti del divario e della disuguaglianza.
Se non si vuole restare fermi ad attendere “di nascosto l’ effetto che fa” e come andrà a finire, è proprio questo il momento di provare a produrre una rottura nella discussione intorno al ruolo del Mezzogiorno facendo crescere “un punto di vista” che costringa, mobilitando le risorse disponibili, le istituzioni e le forze politiche e sociali a misurarsi con esperienze, buone pratiche, problemi irrisolti e/o rimossi, bisogni popolari, esempi positivi di programmi già sperimentati. La concertazione tra gli attori possibili dello sviluppo e della crescita, la concentrazione delle risorse in luogo della loro dispersione tra i mille rivoli della spesa clientelare, la promozione di procedure di “ governance “ che realizzino forme di coesione istituzionale e sociale e rendano necessario il confronto con la cittadinanza attiva ed il partenariato sociale diventano, per esempio, scelte dirimenti per concorrere a produrre quella “visione“ necessaria per disciplinare programmi e progetti di investimento, per realizzare un corretto utilizzo delle risorse e per sottrarre spazio alle “ zone grigie “ che popolano il mezzogiorno ed i suoi meccanismi di potere e di decisione. Così come sono parimenti necessarie e dirimenti, non solo per individuare gli indirizzi generali di un percorso di nuova crescita, ma anche e soprattutto per selezionare le decisioni puntuali e specifiche circa gli assi di intervento e i progetti da realizzare. Una selezione che quanto più sarà il frutto di un confronto vero con idee, territori, interessi e bisogni, tanto più fornirà garanzia di qualità delle scelte, coerenza con gli obiettivi programmatici, corrispondenza a criticità reali, partecipazione democratica, verificabilità dei risultati, controllo e vigilanza sulle procedure.
Dunque il tema oggi, a mio sommesso parere, è costruire concretamente quel “ punto di vista “, mettere in campo un movimento civile e sociale che reclami, da subito, confronto e verificabilità delle scelte, stimoli la partecipazione democratica, provochi la discussione, contribuisca al dibattito istituzionale e politico/sociale, costruisca consapevolezza e conoscenza civile, consenta lo scambio e la circolazione di idee ed esperienze, determini forme di controllo diffuso. Si tratta innanzitutto, dunque, di mettere in rete la molteplicità di esperienze e realtà che, già da anni, nel Mezzogiorno rappresentano punti di riferimento, pratiche innovative, elaborazioni di avanguardia, difesa e promozione di bisogni popolari su temi differenti e molteplici che hanno, però, in comune la medesima necessità di una autentica e radicale nuova politica per il Mezzogiorno, di una rinnovata e rigorosa capacità di programmazione, di una seria e condivisa scelta di allocazione delle risorse, di uno sguardo innovativo sui temi della cittadinanza o della migrazione, di una visione equa e sostenibile di ogni ipotesi di crescita e sviluppo. Si tratta di provare a farle ragionare insieme e di provare a fare in modo che si diano alcuni principi condivisi, alcune priorità tematiche e territoriali e alcuni appuntamenti di mobilitazione e confronto.
Per questo, in conclusione, vorrei chiedere a Infinitimondi di valutare ed assumere questa proposta e di assumerne l’iniziativa avviando una fase di contatti e di ricerca che, partendo da Napoli e dalla Campania, si allarghi al resto del territorio meridionale nel tentativo di immaginare quella “ rete “ e quel movimento dei quali, ritengo da tempo, il Mezzogiorno abbia disperato bisogno.
La politica da sola non ce la farà; le migliori forze sociali e civili devono essere fortemente stimolate e sollecitate; le mille e meritevoli iniziative di cittadinanza attiva e innovativa diffuse sul territorio rischiano di rimanere vittime di isolamento e progressiva frustrazione. Si può rimanere fermi, a guardare. Si può utilmente continuare a discutere, a scrivere, a raccontarsi le cose. Si può continuare a sperare e combattere partecipando, con altri, al tentativo di fare in modo che questa o quella forza politica, il Sindacato, l’ ultimo movimento riescano a guardare con più radicalità e nettezza al tema del Mezzogiorno. Ma si può anche provare a mettere in campo quel poco o quel tanto di esperienze, conoscenze e passioni che ancora tenacemente circolano tra coloro che non si sono mai rassegnati alle “ zone nere “ e che si ostinano a non rassegnarsi alle incombenti “ zone grigie “ che ammorbano e devastano i paesaggi meridionali.
Giuseppe Vitiello

Immagine in evidenza: elaborazione da Wikipedia

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