Ma quale priorità al Mezzogiorno! Al Sud andrà il 10% dei finanziamenti culturali, al Centro e al Nord il 90%

In queste settimane, a proposito delle misure per fronteggiare la crisi provocata dalla pandemia, si sta riparlando – anche con grande enfasi – di priorità da assegnare al Mezzogiorno e di superamento del divario territoriale che affligge il nostro Paese. Ma quando si passa alle misure concrete, l’impressione è che si tratti ancora una volta di un mero esercizio retorico.
È uscito finalmente lo Schema di decreto ministeriale recante la tabella delle istituzioni culturali da ammettere al contributo ordinario dello Stato per il triennio 2021-2023 che ci restituisce un quadro preoccupante. Tutti gli istituti culturali dell’intero Mezzogiorno (Sardegna e Sicilia comprese, e includendo anche Abruzzo e Molise per ricalcare i confini del vecchio Regno di Napoli) otterrebbero 1.761.000 euro mentre a quelli del Centro-Nord verrebbero destinati 17.613.433. Il 10 per cento contro il 90 per cento (e anche qualcosina in più).

Sono 210 gli enti da finanziare

Sebbene sia giusto riconoscere al ministro Franceschini di essere riuscito a stanziare una somma di gran lunga superiore a quella del triennio precedente, questa ripartizione grida vendetta e anzi risulta ben più grave a fronte della maggiore disponibilità finanziaria.
I fondi sono ripartiti tra musei, accademie, fondazioni e associazioni varie: ben 210. E sono innanzitutto certe destinazioni che ci sorprendono. Infatti, le fondazioni culturali che fanno capo ai principali colossi del capitalismo italiano o a veri e propri giganti dell’editoria si spartiscono quelle che per loro dovrebbero essere briciole.
La Fondazione Corriere della Sera otterrebbe 151 mila euro (più 69 mila rispetto alla tabella precedente). E c’è da dire che il Corriere non mette neanche a disposizione gratuitamente le pagine del suo archivio storico. La Fondazione della Camera di Commercio di Milano otterrebbe dal Ministero della Cultura 32 mila euro: peraltro una miseria per un’istituzione di quella dimensione. La Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori otterrebbe 123 mila euro (73 mila euro in più). Ma perché la fondazione questi signori non se la pagano con i loro quattrini?

Soldi alla Fondazione Ansaldo. E alla Confindustria

La Fondazione Ansaldo ha come socio fondatore Finmeccanica, ora Leonardo, e otterrebbe 123 mila euro (85 mila euro più della volta scorsa). Ma non dovrebbe Leonardo aiutare la cultura italiana invece di candidarsi a prendere la somma stanziata dal Ministero della Cultura e sottrarla ad altre realtà che non hanno alle spalle un siffatto colosso dell’industria italiana? Di recente, Confindustria ha avuto addirittura la faccia tosta di candidarsi a prendere danaro pubblico per ordinare il proprio archivio. Si è fiondata sui soldi destinati agli archivi dei partiti politici e delle organizzazioni dei lavoratori e la Direzione generale degli archivi le ha mollato qualche migliaio di euro.

Ci sono molti altri casi: perché attribuire 28 mila euro alla Biblioteca della casa editrice il Mulino che con i suoi 20.000 volumi posseduti risulta già sostenuta dall’Istituto dei Beni culturali dell’Emilia-Romagna, dall’Università di Bologna, dalla Banca d’Italia e da una lunga serie di gruppi bancari e finanziari? Perché dargli di più della Fondazione Guido Dorso che anima la vita culturale avellinese e che svolge una funzione insostituibile in un’intera provincia? Ma la benemerita Fondazione della casa editrice Feltrinelli – uno dei più grandi gruppi editoriali italiani con la sua catena di librerie – ha davvero bisogno dei soldi della Repubblica per sopravvivere?

Risorse sproporzionate per la Toscana

C’è senz’altro una questione che riguarda l’incremento spropositato di risorse per la Toscana. L’aumento è di molto superiore al totale assegnato all’intero Mezzogiorno. Come mai? Chi sta tutelando con tanta determinazione gli interessi delle associazioni e degli enti culturali della Toscana? Che cosa è successo negli ultimi tre anni? Chi riesce a perorare con tanta efficacia le rivendicazioni degli istituti toscani? C’è di tutto: ci sono i tessuti, le vecchie accademie, i teatri, le fondazioni che portano il nome di grandi uomini politici, fondazioni di palazzi. Se qualcuno osasse dirci che si tratta pur sempre di Firenze – la cui provincia riceverebbe più del doppio dell’intero Mezzogiorno, isole e Abruzzo e Molise compreso – gli ricorderemo che il vecchio Regno di Napoli – con in più la Sardegna – non è tanto più povero di cultura.

Le esistenti fondazioni che portano il nome di Giustino Fortunato e di Francesco Saverio Nitti, ad esempio, dovranno certamente imparare ad accedere alle risorse stanziate dal ministero. Candidandosi ne trarrebbero grande giovamento: fossero pure soltanto 10 mila euro. Ma intanto, nel Mezzogiorno ci sono gloriosi istituti che pur presenti in tabella non hanno ricevuto alcun beneficio aggiuntivo dal ministero. In più, il ministero farebbe bene a censire e sollecitare le istituzioni culturali del Mezzogiorno. Sull’emigrazione non esiste soltanto il Museo Paolo Cresci di Lucca. Esiste pure il Museo dell’Emigrazione Lucana ospitato nello splendido castello di Lagopesole. La storia dell’emigrazione toscana non è – a occhio e croce – più significativa della storia dell’emigrazione lucana.

Ne discuterà il Parlamento. Saprà sottrarsi alla pressione delle lobby?
Non ci sono rilevanti casi di punizione: è vero. Il segno meno si legge soltanto per un istituto: l’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno fondata dal toscano Leopoldo Franchetti. Ironia della storia.
Ma, in generale, perché non affidarsi a criteri oggettivi? Il personale impiegato, il numero di collaboratori contrattualizzati, le ore di apertura al pubblico, la consistenza delle biblioteche e i libri in più acquisiti, gli archivi inventariati e digitalizzati e resi fruibili, oltre ai progetti di ricerca, ai convegni, alle pubblicazioni, alle borse di studio.
Ora la tabella è al vaglio del Parlamento. È auspicabile che si ponga un qualche rimedio a queste clamorose ingiustizie. E siamo curiosi di sapere che cosa hanno da dire quegli esponenti delle forze di maggioranza che del Mezzogiorno sembrano fare la bussola del loro agire politico.
Ma una discussione più generale si impone ed è lecito interrogarsi quale destino possa avere l’azione del potere pubblico in campo culturale se appare così clamorosamente sottoposta a una contrattazione di stampo lobbistico.

di Piero Di Siena

Dati Estratti dalla Tabella Triennale 2021-2023
Sud + Sicilia e Sardegna: 28 enti per un totale di 1.761.500

Centro (esclusa Toscana): 59 enti per un totale di 5.324.433

Toscana: 42 enti per un totale di 4.476.000

Firenze+Fiesole: 3.370.000

Aumento regione Toscana rispetto alla tabella precedente: 2.498.000 (considerando i nuovi enti che accedono al finanziamento)

Nuovi enti che accedono al finanziamento in Toscana: 16

Nord: 81 enti per un totale di 7.813.000

il link originale dell’articolo https://www.strisciarossa.it/ma-quale-priorita-al-mezzogiorno-al-sud-andra-il-10-dei-finanziamenti-culturali-al-centro-e-al-nord-il-90/

e poi interviene anche Giorgio Caredda https://www.strisciarossa.it/istituti-culturali-troppe-incongruenze-sugli-enti-finanziati/

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1 commento

  1. Grazie : chiarimenti importanti che mettono in evidenza ancora di più una strategia – “malcelata ” per chi vuole vuole capire – ben messa in atto da roboanti ed ipocrite trasmissioni televisive, servizi affascinanti costruiti ad hoc anche per gli Scavi di Pompei. Naturalmente sempre con dichiarazioni esaltanti del ministro Franceschini.

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