di Roberta Calbi
1. Partecipazione
E’ evidente che la “partecipazione” storicamente si verifica, è richiesta, è reclamata da quei settori della società che sono all’opposizione dell’establishment. Quando si arriva a gestire la leva del potere la partecipazione è considerata secondaria, spesso quasi un fastidio. Tranne poi a reclamarla, rievocarla, richiederla quando si è in difficoltà a gestire le suddette “leve”.
Volgiamoci al passato, al PCI. Qui il mio giudizio, certo molto personale, è netto e tranchant. Parlavo di “teoria dei fedelissimi” molto prima che il PCI cominciasse con evidenza a declinare in un progressivo rattrappirsi in logiche solo interne. Poi è andata avanti così, mi sembra, anche in altre esperienze “di sinistra”.
Pensiamo oggi che la partecipazione sia un elemento strategico fondante della democrazia? (“Libertà è partecipazione”, cantava Gaber)
Dobbiamo ragionarci bene. Costruirne una ragione teorica. Al di là di contingenti bisogni.
2. In spirito di fraternità
Siamo cresciuti studiando Marx. La sua “rivelazione” della storia come lotta di classe. Ci ha nutrito quello studio, e dalla lettura siamo passati all’azione. Il PCI, il Partito Comunista Italiano, nutrito, arricchito dall’elaborazione di Gramsci, per me è stato un naturale approdo.
Oggi che quell’esperienza è finita non mi sento “orfana”. Anche se non siamo riusciti a realizzare per nulla (o quasi) quello in cui speravamo, e che trovava le sue lontane radici nella triade delle parole d’ordine dell’Illuminismo: Libertà, Eguaglianza, Fraternità.
Può essere oggi Fraternità una parola della politica? In quale accezione?
Quella che propone papa Francesco? che sottolinea che “mentre la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di divenire uguali, la fraternità è quello che consente agli eguali di essere persone diverse”.
Ma anche Edgar Morin, in epoca pre-pandemica, scriveva “La fraternità perché? Resistere alla crudeltà del mondo”, sostenendo che nella triade illuministica è l’ultimo termine a dover prevalere, “pena l’aggravarsi ulteriore della crisi in atto”.
Insomma, c’è un po’ da riflettere e da inventare. Ma forse questa può essere una base da cui ripartire.
Certo il bisogno di mettere insieme idee per Napoli, al di fuori dei partiti tradizionali, c’è. Ci sono sicuramente fermenti nuovi. Ne cito due, oltre all’esperienza che richiamava Osvaldo Cammarota. Uno è quello di “Prossima Napoli”, lanciata da un gruppo soprattutto di giovani, con la costruzione di tavoli tematici per costruire un Manifesto. Tutto online, ovviamente. L’altro è “Per”, di matrice cattolica, un movimento che già si è cimentato, con buon riscontro, nelle elezioni regionali e che ora sta cercando di costruire un programma per Napoli e la Città metropolitana ugualmente attraverso incontri online “dal basso”.
3. Fino in fondo
E’ una bella immagine, polisemantica, direbbero i linguisti.
… in fondo … perché abbiamo toccato il fondo?
… perché … alla fine del fondo … intravvediamo, cerchiamo una luce?
… perché … vogliamo cambiare dal fondo?
4. Poi
Poi bisognerebbe parlare di obiettivi e contenuti.
Scuola, certo, a partire dagli asili nido e scuole per l’infanzia.
Sistema socio-sanitario, certo, dove “sociale” è diventato un aggettivo “minor”, ma dove ci sono tante eccellenze, tanto volontariato, tanti giovani.
Turismo, certo, ovviamente sostenibile.
Welfare, certo, di prossimità. Mi piace il termine, ma bisognerebbe tanto precisare.
E poi … con quale partito, forza, movimento? Con, per Bassolino?
Una volta feci un sogno (è tutto vero!), quando Bassolino era agli inizi della sua esperienza da Sindaco. Sognai che voleva assegnarmi un compito, per una “Città dei bambini”. Nel sogno leggevo che il ruolo che mi assegnava era di “Consigliere del Principe”. Mi svegliai di soprassalto ridendo: “E’ questo che penso di Bassolino?” – Sarà cambiato?
“Quante vicende / tante domande”, scriveva Bertolt Brecht.
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LA DISCUSSIONE
OSVALDO CAMMAROTA https://www.infinitimondi.eu/2021/04/10/napoli-fino-in-fondo-1-croci-e-delizie-della-partecipazione-da-osvaldo-cammarota/
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Foto in evidenza. Napoli Febbraio 1971. Manifestazione antifascista con Arrigo Boldrini. Da Archivio Mario Riccio-Infinitimondi
La tua riflessione è assolutamente condivisibile.