di Gianfranco Nappi
Bisogna essere grati a Francesco Barbagallo per i lavori che in questa sua fase della maturità ci sta mettendo a disposizione: nel 2015 la storia di un momento cruciale della vicenda napoletana e del Mezzogiorno con Napoli Bella Epoque; nel 2019 con L’Italia nel mondo contemporaneo, raccolta di sue sei lezioni di Storia ed ora , con questo nuovo edito sempre da Laterza, I cambiamenti nel mondo tra XX e XXI secolo.
Viviamo in un ‘epoca attraversata da profondi cambiamenti che mettono in discussione consolidate certezze e per certi versi compromettono la possibilità stessa – dentro il flusso costante di comunicazione digitale che ci sommerge e che moltiplica in mille frammenti sconnessi la nostra percezione del reale – di una comprensione d’insieme di quel che ci sta accadendo e del mondo nel quale viviamo.
E’ dunque fondamentale tutto ciò che ci aiuta a sviluppare una giusta visione d’insieme.
Il lavoro di Francesco Barbagallo aiuta esattamente a definire questa visione d’insieme.
O, per usare proprio le sue parole in chiave di sintesi nella parte finale del suo lavoro: “ C’è bisogno di molta intelligenza umana. E’ necessaria una particolare attenzione per collocare i tanti processi innovativi dentro sistemi di comprensione adeguati a penetrarne i possibili significati e le prospettive realizzabili”.
La Storia e il lavoro dello Storico dovrebbero essere di aiuto ritrovando in questo un senso più profondo, se volete distante sia dalla frammentazione impazzita che copre verità e processi e sia da quella visione della società e della sua storia come ‘grande storia’ delle classi dirigenti soltanto, di chi sta in alto nella scala sociale e che espunge popolo, conflitti sociali, movimenti profondi della società.
Barbagallo non si piega a questi due diktat imperanti – esempio in ciò non frequentissimo in un’epoca invece di troppo facili e ripetuti ripensamenti e revisionismi – e ci offre in una densa e seppur agile ricostruzione, una visione di insieme delle dinamiche globali che hanno interessato le diverse società a partire dalla fine della Seconda Guerra mondiale con una precisa periodizzazione in quattro tempi dei 75 anni che ci separano da allora.
Il primo tempo, come lui stesso dice, ‘più noto e studiato’ è quello dell’Età dell’oro al tempo del fordismo/keynesismo e della guerra fredda. Va dal 1945 ai primi anni Settanta. E’ questo il tempo in cui vive il compromesso tra capitale e lavoro e nel quale gli Stati tendono ad affermare il loro ruolo di regolazione dell’economia non lasciato alle libere forze del mercato, di cui Bretton Woods è un esempio. E non è un caso che sono questi anche gli anni, almeno in Occidente, di maggiore crescita diffusa della ricchezza e della creazione del Welfare State.
Il secondo tempo è quello che va dalla metà degli anni Settanta al 1991 che si caratterizzano per ‘Il dominio della finanza e la rivoluzione informatica‘. Il ciclo prende inizio con la decisione degli Stati Uniti di superare le intese di Breton Woods e di passare ad un sistema di cambi flessibili delle valute affidati agli scambi di mercato. E’ la sconfitta degli Stati, dice Barbagallo, e l’apertura di una fase di finanziarizzazione spinta dell’economia. E’ in questo periodo che matura uno degli ultimi tentativi da parte europea e della sua sinistra di proporre una visione globale sui fenomeni in atto per orientarli in un’altra direzione: è la denuncia che muove Olof Palme, leader della socialdemocrazia svedese , del bisogno urgente di un ripensamento dell’intero modello di sviluppo; è l’iniziativa di Willy Brandt, leader dei socialdemocratici tedeschi e Presidente dell’Internazionale socialista, con il suo Rapporto Nord Sud che poi passerà alla storia come Rapporto Brandt, disatteso e non sostenuto anche dal suo stesso partito; è l’attività di Enrico Berlinguer che invece sostiene il Rapporto Brandt e più in generale cerca una lettura originale del ruolo della sinistra in Europa in dialogo proprio con i due interlocutori socialdemocratici europei. A questo dialogo Barbagallo dedica pagine importanti.
Alla fine, la finanziarizzazione lascerà alle sue spalle una crescita inusitata delle disuguaglianze sociali e una forma di capitalismo che Francesco Barbagallo, riprendendola da Manuel Castells, definisce informazionale .
Il terzo tempo ci porta alla unificazione del mercato mondiale e alla crisi di sovranità dello Stato nazionale, alla ‘esplosione’ della globalizzazione e dell’affermazione del dominio della finanza. Tra anni Novanta del secolo scorso e primo decennio, circa, del nuovo, il mercato finanziario cresce a dismisura, segna di se’ tutto, ridisloca forze e interessi su scala globale. Vive con esso una speranza di progresso dopo la caduta dell’Urss; il risveglio della Cina con il suo capitalismo di Stato e la crescita imponente del suo mercato; la costruzione dell’Europa che avviene sotto il segno del mercato con gli accordi di Maastricht e la moneta unica; l’affermazione a partire dagli USA dei nuovi colossi della rete che nel breve volgere di tempo si trasformerà da paradiso delle libertà a nuova concentrazione di potere intorno a pochi grandi player mondiali.
Il quarto tempo è quello nel quale siamo ancora immersi che comincia con la crisi del 2007/2008 e arriva fino a noi oggi colpiti dalla Pandemia.
E’ questo il tempo nel quale crolla l’architettura del denaro che crea denaro e l’idea fallace di assicurare così un futuro migliore a tutti. Il neoliberismo, con la sua ideologia, entra in una crisi verticale e il ruolo dello Stato diventa decisivo per evitare un crollo generale. Ma la grande impresa globale e il mondo della finanza non sono disposti a vedere messa in discussione la loro supremazia. In più, nel frattempo, il progredire della società informazionale è andato talmente avanti da configurare i tratti di un capitalismo della sorveglianza – come dice Barbagallo rimandando esplicitamente all’importante e corposa analisi della studiosa americana Shoshana Zuboff – che dopo aver posto l’umano integralmente, con corpo e mente, al servizio del mercato ora punta a condizionarne perfino le scelte individuali in tutti i campi possibili attraverso il potere che gli deriva dalla capacità di controllo ed elaborazione dei dati che a ritmo crescente miliardi di uomini lasciano nell’ambiente digitale in cui sono immersi e da cui vengono tratti profili comportamentali sempre più personalizzati e predittivi.
E suona così quanto mai attuale e urgente la sollecitazione delle ultime pagine del suo lavoro, anche guardando alla Pandemia che pure ha avuto come effetto quello di rilanciare il ruolo dello Stato e del Pubblico, perché…” E’ tempo di tornare a riflettere sulla persona umana e sul senso della sua presenza nel mondo. Non è certo una novità. Ma deve essere nuova la volontà di porre al centro le relazioni umane e i comportamenti morali per trovare percorsi adeguati a guidare i cambiamenti in atto”, tanto più, come ci ricorda sempre Barbagallo, di fronte alle sconsiderate aggressioni alla natura di cui lo sviluppo attuale si è reso responsabile fin quasi ad un punto di rottura.
Insomma, è tutto da leggere questo libro di Storia che, come accade solo ai lavori importanti, ci aiuta a comprendere meglio la posta in gioco dell’oggi.
* La foto di Francesco Barbagallo è tratta da youtube
Grazie, Francesco Barbagallo