di Pasquale Trammacco



Le dimissioni di Nicola Zingaretti hanno palesato un dato di realtà già evidente e noto relativo alla crisi del PD e della sinistra tutta, compresi i travagli e la ricollocazione politica del Movimento 5 S. Le dure parole che hanno accompagnato l’iniziativa del Segretario, per quanto ” impolitiche ” hanno il sapore salutare della sincerità e della umanissima sincerità intellettuale del personaggio.
L’avvio di una battaglia o la resa ” ha scritto Gianfranco Nappi. Di nuovo, siamo di fronte ad una accelerazione della storia che si prende la rivincita di tante omissioni e furbizie accumulate. Il riassetto del sistema della rappresentanza politica nella nuova fase avviata dal varo dell’inevitabile governo Draghi dopo il colpo inferto dal sicario Matteo Renzi per conto di quelle forze da sempre schierate a difesa della eterna palude italica. Ogni possibile tentativo di rinnovamento e rinascita vero invece di essere accompagnato per quanto criticamente deve essere soppresso nella culla, non solo per difendere i vecchi assetti ma anche solo per pigrizia mentale e presunzione intellettuale. Tanto un De Angelis che rilascia le patenti lo si trova sempre.

Sulla sinistra e la sua crisi, sono intervenuti in tanti richiamando questioni antiche e temi recenti. Identità, riferimenti sociali, legittimi interessi da rappresentare e modalità di organizzazione della partecipazione, della democrazia stessa. È ritornata la discussione sulle ragioni fondanti dello stesso PD, del possibile equivoco iniziale posto dalla ” fusione a freddo ” da cui scaturì il partito e sulla debolezza del suo impianto fondativo. Sui ritardi culturali di lettura del mondo che, per dirla banalmente, nell’epoca di accelerazione delle fratture e degli antagonismi, di accentuazione intollerabile della diseguaglianze, rispondeva confezionando un cappottino neocentrista. Non solo Renzi quindi ma una cornice molto più ampia che interrogava la politica nell’era del turbocapitalismo. Un fronte su cui siamo stati sconfitti tutti.
A Napoli intanto sono accadute della cose interessanti in questi anni. Partendo dalla constatazione che proprio la città probabilmente più sofferente e provata, non si è mai affidata alla destra per reggere la sua rappresentanza amministrativa. Almeno negli ultimi 30 anni se la memoria mi aiuta. Napoli è stata la città in cui il movimento grillino non è mai decollato in termini di rappresentanza locale. Stando ai dati delle politiche del 2018, il fenomeno a 5 Stelle, inteso, come correttamente andrebbe fatto, anche come reazione e, addirittura vergogna di fronte alla inadeguatezza della sinistra e del centrosinistra italiano. Non solo ovviamente ma soprattutto questo. Lo dico sommessamente e di passaggio ma uno dei meriti di Grillo è stato quello di sconfiggere e sconvolgere sul campo alcuni schemi di lettura della società italiana addirittura di derivazione Togliattiana.
A Napoli ed al comune questo non c’è stato perché prima era arrivato De Magistris. L’esperienza delle due ultime giunte segna la concreta forma per cui e arrivata a compimento la crisi della sinistra dentro un modello perfezionato di utilizzo della macchina comunale come strumento di organizzazione del consenso e di iniziativa politica. Accompagnato dal fallimento di oggi tentativo di sedimentazione ” partitica ” dello schema. Dema docet.
La riflessione avviata da Infiniti Mondi qualche mese fa relativa al tessuto associativo e civico che ha sostenuto l’azione della Amministrazione De Magistris avrebbe potuto individuare indicazioni preziose, assieme ai protagonisti della esperienza ma non si riusci. Di fatto sta che lo schema ha convinto tanta parte della sinistra napoletana. La scomposizione del quadro ha prodotto anche un suo allargamento. Settori che non si parlavano trovavano poi, nella sfida con la destra, la loro unità valoriale premiata dalla Vittoria. Forse una lezione preziosa.
Dentro la crisi più grave tra qualche mese la città si avvia a rinnovare il suo Consiglio Comunale. In un uno dei momenti di maggiore frattura e distanza tra i napoletani e la propria amministrazione da cui, ormai si aspettano poco o nulla. L’orizzonte ormai è segnato non solo dalla ricostruzione di una rappresentanza di parte, il centrosinistra, ma addirittura dalla necessità di fronteggiare una crisi democratica che rischia di privare il territorio di uno strumento istituzionale essenziale, il Comune e la sua città metropolitana.


Dentro questo quadro abbozzato si può secondo me rintracciare la qualità del paradosso Bassolino. Una figura nota che si misura con il confronto elettorale iniziando anzi tutto, da un profilo civico, non aspettando i pronunciamenti della forze politiche ma offrendo se stesso come momento di catalizzazione di una possibile maggioranza, a partire dalla gravità della crisi e dalla possibilità di interpretare un simbolo di orgoglio napoletano sempre rispettoso del ruolo degli altri, nel paese ed in Campania. L’unica proposta che scontrando i suoi limiti, ha il pregio, di fronte ad un corpo elettorale piccolo e consunto dall’astensionismo, di produrre un fattore aggregante anche tra diverse generazioni. Insomma una figura autorevole del Mezzogiorno al servizio di una transizione per aprire una nuova fase.
Il contrario di un ripiego verso le vecchie glorie ma, paradossalmente, la proposta più moderna che dal passato acquisisce forza e forma per tentare una risposta moderna ed adeguata alla crisi della rappresentanza.

GLI INTERVENTI PRECEDENTI

GIUSEPPE VITIELLO https://www.infinitimondi.eu/2021/03/10/crisi-pd-la-democrazia-presa-sul-serio/

MASSIMO ANSELMO https://www.infinitimondi.eu/2021/03/09/pd-nella-tempesta-lannuncio-e-le-risposte-dopo-le-campane-tuona-il-temporale/

GIANFRANCO NAPPI https://www.infinitimondi.eu/2021/03/07/zingaretti-o-e-lannuncio-di-una-battaglia-o-e-una-resa-incondizionata/

GIANFRANCO NAPPI https://www.infinitimondi.eu/2021/02/25/non-prendetevela-con-zingaretti-nel-giorno-dei-riders/

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