Luigi Vassallo è stato Docente napoletano, Nolano per la precisione, per molti anni prima di completare la sua carriera di Docente e di Dirigente scolastico in Liguria dove vive. Finito il tempo del suo impegno lavorativo si è dedicato all’impegno civile, mai dismesso del resto, in modo particolare volto a tenere vivi i fili di una Memoria della Repubblica e della Democrazia. Lo ringraziamo per quanto ci ha inviato.


1. Costruire il nemico
Quando c’è una grave crisi economica, che diventa inevitabilmente crisi sociale (e in Germania dopo la prima guerra mondiale la crisi era gravissima e lo stato repubblicano si mostrava incapace di affrontarla per la divisione tra i partiti politici), la parte di popolazione più minacciata dalla miseria (miseria reale o solo immaginata per paura) e la parte di popolazione meno fornita di strumenti culturali per capire (e spesso le due parti coincidono) cercano qualcuno con cui prendersela e qualcuno a cui affidarsi per la propria salvezza. A poco a poco si diventa sensibili a certe propagande, anzi se ne si fa megafono e ripetitore: Abbiamo perso la guerra per colpa dei pacifisti, dei comunisti, degli ebrei. Per risollevarci dobbiano cacciare via dal popolo questi parassiti. Il potere deve essere restituito ai veri tedeschi.
Negli anni Trenta del secolo scorso la propaganda si faceva con comizi, volantinaggi, passaparola nei luoghi di ritrovo, giornali più o meno favorevoli a svolte autoritarie. Oggi il “nemico” si costruisce sui social, con tecniche più sofisticate e con gruppi di lavoro professionisti che vengono pagati da chi vuole lucrare sulle paure e sui pregiudizi di chi è pronto a credere a qualsiasi cosa trovi sui social. In questo modo la cultura dell’odio e della discriminazione tra esseri umani tende a farsi senso comune: Prima i tedeschi. Zecche comuniste. Porci ebrei speculatori. Complottano per sostituirci geneticamente.
Chi si oppone a questa cultura dell’odio viene “bastonato” sui social e a volte anche fisicamente; nel passato veniva “bastonato” nei comizi e spesso fisicamente.
Quando un gruppo che ha favorito o alimentato questa propaganda arriva al potere, allora la propaganda diventa verità incontrastata, perché non c’è più una stampa libera ad arginarla. Così il nemico viene articolato nelle categorie dei comunisti, degli zingari, degli omosessuali, degli asociali, dei malati mentali, dei testimoni di Geova e, soprattutto, degli ebrei. In ogni caso è nemico chiunque, per componente razziale o per disposizione personale, è ritenuto incompatibile con la visione nazista del mondo. Queste categorie di “nemici” sono continuamente segnalate all’opinione pubblica come l’ostacolo al riscatto della Germania e alla costruzione dell’Ordine Nuovo che il cittadino tedesco ha la missione di costruire, in quanto espressione della superiore razza ariana, sotto la guida illuminata del Fuhrer, il quale incarna i valori del popolo tedesco. A questo progetto aderisce la stragrande maggioranza del popolo tedesco, un po’ per convinzione, un po’ per desiderio di riscatto nazionale, un po’ per interessi economici (è il caso delle industrie, che nel programma di riarmo bellico vedono un’occasione di profitto), un po’ per abitudine ad obbedire a chi comanda senza discutere, un po’ per paura di essere additato a propria volta come nemico.


2. Discriminare per legge
Il partito nazista di Adolf Hitler arriva al potere in Germania per vie legali, ottenendo un successo alle elezioni politiche e l’investimento da parte del Parlamento. Nelle elezioni del 1932 Hitler ottenne il 37% dei voti e, avendo la maggioranza relativa in Parlamento, ebbe dal Presidente dello Stato, Hindemburg, l’incarico di formare un governo con altri partiti. Nel 1933, a seguito di un incendio appiccato alla sede del Parlamento da comunisti, secondo quanto affermato dai dirigenti nazisti, ma probabilmente organizzato proprio da loro, Hitler convinse il Presidente a firmare il decreto dell’incendio del Reichstag: in base a tale decreto, furono arrestati i dirigenti comunisti prima delle elezioni del 1933 e fu impedito il voto a favore del partito comunista. Anche alcuni dirigenti del partto socialdemocratico, accusati di complicità con i comunisti nell’incendio della sede del Parlamento, furono costretti a rifugiarsi all’estero.
Le elezioni del 1933 si svolsero sotto l’impressione dell’incendio appiccato al Parlamento, impressione che favorì l’avanzata del partito nazista, che però non raggiunse la maggioranza assoluta, nonostante le intimidazioni e le pressioni esercitate sugli elettori e sugli scrutatori al fine di influenzare il risultato. Non avendo, dunque, la maggioranza assoluta in Parlamento, Hitler fu costretto a mantenere la sua coalizione con il Partito Popolare Nazionale Tedesco e si assicurò con intimidazioni il voto del Partito di Centro, necessario per farsi assegnare dal Parlamento i pieni poteri, per la quale assegnazione era necessrio il voto favorevole di due terzi dei parlamentari.
In virtù dei pieni poteri assegnatigli, che gli consentivano di cambiare a suo piacimento la Costituzione, Hiter mise fuori legge il partito comunista, abolì ogni libertà e garanzia costituzionale, soppresse i giornali di opposizione, chiuse le sedi sindacali, reintrodusse la pena di morte per crimini contro lo Stato, sciolse tutti i partiti tranne quello nazionalsocialista.
Il nuovo ordine voluto dai nazisti fu delineato con le leggi di Norimberga del 1935:


Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco. Questa legge vieta matrimoni o relazioni extraconiugali tra ebrei e non ebrei, prevedendo specifiche sanzioni, ma solo per i maschi e non per le donne. Vieta inoltre agli ebrei di avere al proprio servizio domestiche ariane di età inferiore ai 45 anni. Vieta infine agli ebrei di esporre sui propri edifici bandiere con colori del Reich, probabilmente per evitare che aziende ebree si camuffassero, con quest’accorgimento, da aziende ariane.


Legge sulla cittadinanza del Reich. La legge stabilisce che cittadini del Reich sono solo quelli di sangue tedesco, mentre gli altri, essendo solo appartenenti allo Stato, hanno meno diritti dei cittadini veri. La legge non nomina esplicitamente gli ebrei, ma il primo decreto attuativo, pubblicato due mesi dopo l’emanazione della legge, definisce “ebreo” (e, quindi, non di sangue tedesco) chi abbia almeno tre nonni di religione ebraica e definisce “meticcio ebreo” chi ne abbia uno o due.
Quelli che erano classificati come “ebrei” non potevano essere cittadini del Reich e, pertanto, furono esclusi dal diritto di voto e dal pubblico impiego. Con successivi regolamenti si stabilì per gli ebrei:
• il licenziamento degli ultimi funzionari pubblici rimasti e dei notai;
• il divieto di esercitare la professione di medico, veterinario, farmacista, dentista, avvocato;
• l’obbligo di schedatura delle attività artigiane;
• l’obbligo di iscrizione ad un’Associazione ebrea controllata dalla Gestapo, con conseguente scioglimento di ogni altra organizzazione ebrea;
• l’esclusone dall’assistenza sanitaria e dalle scuole pubbliche;
• la perdita della cittadinanza e il sequestro del patrimonio in caso di espatrio;
il sequestro del patrimonio in caso di morte, senza che potesse andare nulla agli eredi;
• la giurisdizione sugli ebrei attribuita alla Gestapo e sottratta ai tribunali civili.


Legge sulla bandiera del Reich. La bandiera del partito nazista (croce uncinata nera su cerchio bianco su sfondo rosso) diventa bandiera dello Stato tedesco. Così qalsiasi insulto alla bandiera nazista diventa un insulto allo Stato tedesco e qualsiasi manifestazione antinazista diventa una manifestazione antitedesca.

3. Eliminare il nemico
Prima del 1938 ci furono scoppi improvvisi di violenza a danno di categorie inferiori come gli ebrei, ma l’eliminazione del nemico non è la conseguenza di azioni occasionali; si tratta (ed ecco la vera specificità della Shoah!) di progettazione scientifica della soluzione finale:
• Costruzione dei lager e dei campi di sterminio nei vari territori occupati dai tedeschi: servono per questo ingegneri, architetti, muratori; quando il campo è pronto ci vuole un comandante, ci vogliono soldati per la sorveglianza, ci vuole un regolamento minuzioso, occorre un ufficio per la registrazione di arrivi, decessi, spese ecc.
• Rastrellamento dei prigionieri. Deve essere fatto con ordine per prevenire rivolte, magari facendo credere ai deportati che li si trasferisce in un posto dove saranno lasciati in pace; per questo vengono invitati a portare con sé le proprie cose. Il trasporto richiede treni speciali (in cui i prigionieri sono ammassati come animali), talvolta è necessaria la costruzione di appositi collegamenti ferroviari. Servono guardie che facciano salire i deportati sui treni prima di sigillare i vagoni, servono macchinisti che guidino i treni, serve un piano orario per i passaggi tra le varie stazioni.
• L’arrivo al campo. L’accoglienza dei deportati è organizzata in modo da provocare terrore e perdita di identità: bastonate e aggressioni da parte dei cani ai prigionieri che vengono messi in fila; prima separazione tra chi è in grado di lavorare e chi no; separazione dei nuclei familiari; al campo si parla tedesco, se non capisci gli ordini dei guardiani rischi la morte sul posto; ti marchiano un numero sul braccio, sarà questo da ora il tuo nome; ai deportati vengono sottratti all’arrivo gioielli e denaro, poi, dopo la morte, denti d’oro, capelli… Di tutto questo gli addetti all’ufficio registrazione tengono una scrupolosa contabilità.
• La vita nel campo. Chi può lavorare vine affittato a industrie tdesche della zona ove lavora in condizioni di schiavitù dal mattino fino al rientro in baracca. Le scrupolose registrazioni ci fanno sapere quanti soldi l’organizzazione del campo percepisce dagli industriali per ogni “pezzo” (così viene definito il deportato!) affittato. La giornata comincia con la lunga cerimonia dell’appello all’aperto, con qualsiasi condizione climatica. La veste del prigioniero è sempre la stessa d’estate e d’inverno: una sorta di pigiama a strisce e zoccoli senza calze. Il cibo è molto scarso, l’igiene pure. Si dorme in baracca su letti a castello insufficienti per tutti: talvolta ci si sveglia scoprendo di aver dormito accanto al cadavere di uno morto di notte. Chi finisce in infermeria diventa cavia per esperimenti medici come inoculazione di batteri, mutilazioni e cose simili: gli esperimenti sono finalizzati prevalentemente a trovare rimedi per i soldati tedeschi feriti in battaglia; per gli esperimenti sono preferiti i gemelli, soprattutto bambini. Chi prova a fuggire viene catturato e punito con l’impiccagione alla quale devono assistere gli altri prigionieri, alcuni dei quali sono costretti a suonare musiche di festa durante l’esecuzione.
• Le camere a gas. I soggetti inabili al lavoro o agli esperimenti medici, al momento dell’arrivo al campo o quando non sono più in grado di essere affittati come “pezzi” o di essere usati come cavie, vengono mandati a morire. La scientificità della soluzione finale, dopo una prima fase in cui si fa ricorso alla fucilazione di massa sul bordo di una fosse comune destinata ad accogliere i cadaveri alla rinfusa, individua nelle camere a gas il sistema di eliminazione più rapido ed efficace: si inietta del gas attraverso i rubinetti delle docce. Servono tecnici per sintetizzare la giusta dose di gas in una capsula. Servono aziende per la produzione delle capsule di gas.
• I forni crematori. I morti nelle camere a gas, come i morti per altre ragioni, devono essere eliminati per evitare epidemie. Le fosse comuni non bastano più. L’organizazione progetta dei forni crematori in cui bruciare i cadaveri, dopo che sono stati spogliati di qualsiasi cosa possa ancora valere economicmente. Il trasporto dei cadaveri ai forni è affidato a un’apposita squadra di prigionieri.
• Progettisti, assistenti, complici. La Shoah è il prodotto collettivo del “lavoro” a vario titolo di progettisti e di esecutori, tutti convinti di contribuire a costruire un Ordine Nuovo o almeno di stare eseguendo il proprio dovere. Complici furono i governanti alleati di Hitler: in Italia nel 1938 Mussolini, con l’avallo del re, decretò leggi razziali contro gli ebrei, colpendo persino ebrei che erano stati tra i fondatori o i sostenitori del partito fascista. Anche in questo caso, prima ci fu una campagna culturale volta a screditare gli ebrei nell’opinione pubblica, poi ci furono leggi che privarono gli ebrei di molti diritti, infine, dopo l’8 detembre 1943, si procedette alla persecuzione della vita degli ebrei, con le SS tedesche a caccia di ebrei, spalleggiate dai mliziani fascisti e dalle strutture della RSI. Ci furono complici occasionali: quelli che per soldi vendettero gli ebrei nascosti o che li tradirono per occupare un loro appartamento.


4. Di chi è la colpa
Tutto questo ci porta alla questione della colpa, come fu affrontata da Karl Jaspers. Karl Jaspers (nato nel 1883 e morto nel 1969) era uno psichiatra e filosofo tedesco. All’avvento del nazismo manifestò subito idee contrarie al regime e per questo venne allontanato dall’insegnamento universitario. Nel 1937 i nazisti gli imposero di scegliere tra il divorzio dalla moglie ebrea o l’emigrazione forzata. Jaspers rifiutò di divorziare e si ritirò a vivere come un recluso nella sua Heidelberg, dove i nazisti lo tollerarono soddisfatti di averlo ridotto ormai al silenzio.
Alla fine della guerra fu riabilitato all’insegnamento universitario e, come suo primo compito, si dedicò a parlare alla Germania, che stava soffrendo, nelle dure imposizioni dei vincitori, le conseguenze della guerra e degli stermini voluti dai nazisti. Ai tedeschi Jaspers disse che la sopportazione delle sanzioni, anche da parte di chi non aveva appoggiato il nazismo, era l’unica via per la purificazione, senza la quale non avrebbero avuto diritto alla libertà politica e alla pari dignità con gli altri popoli. La purificazione dalla colpa che aveva macchiato tutti i tedeschi sia quelli che avevano appoggiato Hitler, sia quelli che lo avevano sopportato a malincuore, sia quelli che avevano tentato di osteggiarlo: “Che noi siamo ancora vivi, questa è la nostra colpa”, così concludeva Jaspers.
Per Jaspers riconoscere la colpa (per pentirsene) comporta l’approfondimento di quattro livelli di colpa: dalla colpa criminale alla colpa politica, alla colpa morale, alla colpa metafisica.
• La colpa criminale è la colpa di chi ha commesso un crimine o di chi vi ha attivamente collaborato. Di questa colpa giudica il tribunale (ad esempio il tribunale di Norimberga contro i criminali nazisti), chiamato ad esaminare fatti oggettivi e a valutarne la responsabilità individuale dei singoli imputati. Di fronte alla colpa criminale il negazionismo imbocca più di una strada: nega il crimine (la Shoah non c’è mai stata; i morti nei campi di concentramento non erano effetto di uno sterminio programmato e voluto ma solo la conseguenza delle condizioni di vita non certo felici nei campi); oppure lo ridimensiona (è esagerato il numero di morti riportato dalle versioni dei vincitori); oppure si fa scudo della giustificazione di “avere solo obbedito agli ordini”. La questione, dopo la Shoah, è se il crimine (un crimine di tali dimensioni) possa essere addebitato solo a chi l’ha progettato e ordinato e a chi lo ha direttamente eseguito o anche a tutti i piccoli funzionari che, limitandosi a svolgere con scrupolo quello che chiamavano il “proprio lavoro”, lo hanno reso possibile: da chi ha rastrellato ebrei, zingari, omosessuali, oppositori politici a chi ha compilato gli elenchi per le deportazioni, a chi ha organizzato i treni per i campi di sterminio, a chi ha guidato quei treni, a chi ha gestito i campi di sterminio e ne ha curato l’efficienza quotidiana.
• La colpa politica (ovvero la responsabilità politica) significa che si è coinvolti, in quanto cittadini, in tutto quello che il nostro Stato fa; significa che siamo responsabili di quello che il nostro Stato ha fatto se ne abbiamo sostenuto il governo col nostro voto e il nostro consenso (Hitler e Mussolini giungono al potere attraverso le elezioni e hanno inizialmente un consenso diffuso sincero); ma siamo responsabili anche se abbiamo votato contro tale governo e non ne abbiamo condiviso le scelte, perché non siamo riusciti ad aggregare gli elettori su una cultura politica diversa o, comunque, perché – ci piaccia o no – di questo Stato siamo cittadini e, quindi, parte.
• La colpa morale Questa colpa rientra nella sfera individuale e riguarda quello che io personalmente ho fatto o non ho fatto di fronte ai crimini, alla violenza, alle persecuzioni, alle discriminazioni. Mi sono fatto i fatti miei: per paura? per evitare conseguenze alla mia famiglia? perché ho creduto che gli ordini vadano sempre eseguiti? perché ho pensato che ero troppo piccolo e insignificante per contrastare l’enormità del crimine? Qui solo la mia coscienza può pronunciare la sentenza. Ma può farlo solo se è una coscienza “educata”. Educata, secondo me, a distinguere tra un’etica delle intenzioni e un’etica della responsabilità: un’etica che dice che sono colpevole solo se volevo fare il male e che non ho nessuna colpa se non volevo farlo e un’etica che dice che io sono responsabile delle conseguenze della mia azione anche se non ne avevo intenzione. Per capirci, se mi drogo o mi ubriaco e poi mi metto al volante e ammazzo qualcuno, sono responsabile di questo, anche se non avevo intenzione di uccidere nessuno, perché drogandomi o ubriacandomi ho messo in moto un processo che aveva come punto d’arrivo probabile proprio quell’omicidio. Allo stesso modo, se mi volto da un’altra parte mentre viene compiuta un’aggressione, ne divento responsabile anche se non avevo nessuna intenzione di favorirla ma volevo solo tenermi fuori dai guai.
• La colpa metafisica può essere percepita solo da chi si sente parte dell’universo umano, da chi sente gli altri esseri umani come membri della propria tribù, da chi sente un’offesa ad un altro essere umano come un’offesa a se stesso. Chi sente l’appartenenza all’unica tribù umana (per dirla con Einstein, all’unica razza umana) non è indifferente a ciò che accade a qualsiasi essere umano. Lo scrittore latino Terenzio (vissuto nel secondo secolo prima di Cristo) scriveva “Sono uomo. Non mi ritengo estraneo a nessuna cosa succeda ad un altro uomo”. Il nazismo, invece, ha cercato di spogliare milioni di uomini dei loro tratti umani, riducendoli a cose o a numeri, e ha cercato di rendere gli altri uomini indifferenti alla sorte di queste cose e di questi numeri. Sulla colpa metafisica non c’è tribunale che possa giudicare, non c’è giudizio politico che si possa pronunciare, non c’è neppure una coscienza individuale alla quale appellarsi. Quando, ancora oggi, sentiamo pronunciare con disinvoltura (spesso da esponenti politici) insulti contro i “diversi” (diversi per lingua, colore della pelle, condizioni economiche e sociali), che vengono etichettati come estranei alla nostra umanità presunta evoluta, quando ci accorgiamo che a queste volgarità razziste molti di noi restano indifferenti o ci fanno l’abitudine, allora ci chiediamo quanto cammino ancora le ex scimmie che in un’epoca remota si alzarono in piedi devono percorrere per diventare umani e membri a pieno titolo della tribù umana.


5. La banalità del male
Si comincia da un innocente buonsenso: Prima i Tedeschi (oppure Prima gli Ungheresi ma anche Prima gli Italiani e così via) e si finisce, magari senza accorgersene, col diventare un piccolo ingranaggio di un meccanismo messo in moto intenzionalmente da altri, che hanno proprio bisogno di tanti piccoli ingranaggi come noi per realizzare i loro sogni di potere e di dominazione. Possiamo provare a giustificarci con frasi del tipo: Volevo solo un po’ d’ordine, Volevo fare il mio dovere, Volevo sentirmi parte di un disegno importante, Ho solo amato il mio Paese. Sta di fatto che l’orrore in cui sono precipitati i miei buoni e innocenti propositi sta là ad accusarmi di essere stato complice, per quanto senza volerlo, di chi quell’orrore l’ha costruito consapevolmente, sfruttando le paure e le ingenuità di quelli come me e alimentando fanatismo ed esaltazione negli esecutori del suo piano.

Luigi Vassallo



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