di Pasquale Iorio
In questi giorni le cronache hanno riacceso i riflettori su una realtà che diventa sempre più inquietante e pericolosa, quella della cosiddetta mafia nigeriana. A conclusione di una lunga indagine della DDA tra Torino e Ferrara vi è stato un blitz con settanta misure cautelari, tra cui decine di arresti, a carico di cittadini di origine africana appartenenti alla mafia nigeriana. In questo caso è stato colpito il clan di stampo mafioso oggetto del blitz è il “Viking”, suddiviso in cellule locali, le cosiddette ”Deck”, dislocate in numerose città italiane, con l’arresto di numerosi personaggi al vertice della mafia nigeriana in Italia, in diretto contatto con i capi di altre organizzazioni criminali e direttamente responsabili delle nuove affiliazioni, della gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti nelle piazze cittadine e dell’attività di sfruttamento della prostituzione.
Su questa realtà criminale negli ultimi anni ha svolto inchieste e vari reportage Sergio Nazzaro, dedicandogli anche dei saggi in alcuni volumi, come “MafiAfrica” e “Castel Volturno. Reportage sulla mafia africana”, Einaudi.
Di recente l’autore, che tra l’altro è originario di Mondragone, una cittadina domiziana, ha pubblicato un nuovo volume dal titolo illuminante: “La mafia nigeriana”. La prima indagine della squadra antitratta”, edito da Città Nuova. Dopo Cosa nostra, ’Ndrangheta, Camorra e Sacra corona pugliese, viene qui presentata la nuova mafia operante in Italia: la mafia nigeriana o mafia nera, che gestisce, nel nostro Paese, traffici milionari legati alla cocaina e alla prostituzione. Il libro ricostruisce, in particolare, i momenti chiave della prima indagine della Squadra antitratta di Torino, il cui compito è quello di assicurare alla giustizia i criminali che si arricchiscono sfruttando il traffico di donne, molto spesso minorenni, che arrivano in Italia sole e senza documenti. Nelle pagine di questo reportage narrativo, Sergio Nazzaro, attraverso interviste, intercettazioni mai pubblicate prima e documenti inediti, ricostruisce la prima inchiesta della SAT e ci permette di osservare, da molto vicino, il modo di pensare e di agire della mafia nigeriana. Una mafia che da decenni prospera dal Sud al Nord dell’Italia in combutta con le mafie italiane. Questo libro ripercorre le tappe di un’indagine chiave nella storia della lotta alla mafia nigeriana in Italia. Come abbiamo già avuto modo di documentare anche noi qualche tempo fa con vari interventi (ad esempio sul settimanale Left e sul portale di Infiniti Mondi), questi episodi di criminalità dovrebbero fare aprire gli occhi anche alle istituzioni ed all’opinione pubblica di Terra di Lavoro, dove il fenomeno è molto diffuso, in particolar modo a Castel Volturno e sulla costiera domiziana. Anche qui, diverse indagini hanno permesso di individuare due organizzazioni, denominate Maphite e Eye, composte da cittadini nigeriani, specializzate nello sfruttamento della prostituzione e nel traffico di droga. Grazie al lavoro della SAT è stato possibile scoprire l’esistenza di «una grande organizzazione internazionale, dai contorni paragonabili alle nostre mafie, che minaccia, sfrutta e uccide». Per questo motivo abbiamo deciso di ritornare sull’argomento, con particolare riferimento alla triste realtà delle cosiddette “connection house”, che sono diffuse e ramificate nelle villette abbandonate del lungomare domitio. Come si legge nel recente Rapporto della Dia, La mafia nera (in particolare quella nigeriana) si è perfettamente inserita nel nostro territorio, avviando significative sinergie criminali con le organizzazioni mafiose autoctone e diventando essa stessa un’associazione di stampo mafioso. La stessa Cassazione ne ha esaltato i caratteri tipici della mafiosità, rappresentati dal vincolo associativo, dalla forza di intimidazione, dal controllo di parti del territorio e dalla realizzazione di profitti illeciti. Il tutto – osserva la Dia – “sommato ad una componente mistico-religiosa, a codici di comportamento ancestrali e a un uso indiscriminato della violenza”. La mafia nigeriana “è tribale e spietata, difficile da decifrare nelle dinamiche interne”.
Di certo quella nigeriana si segnala come una nuova mafia che qui opera in pieno accordo con la camorra dei casalesi. Con l’immigrazione in Italia di numerosi cittadini nigeriani anche rappresentanti di alcuni gruppi “cultisti” si sono radicati nelle nostre città seguendo logiche organizzative di tipo gerarchico e territoriale, come pure esistono dei rappresentanti nazionali regionali e locali organizzati fra loro in modo gerarchico. Alcuni gruppi si segnalano per la loro ferocia e crudeltà. Qui a Castel Volturno hanno trovato terreno fertile per attecchire nelle zone degradate del lungomare, nei viali in stato di abbandono: alcune villette sono state trasformate in “connection house”, dove le maman ed i capiclan organizzano le attività più losche: dal traffico di droga alla tratta delle donne per la prostituzione. Qui vengono accuditi anche tanti bambini, il cui destino non è ben chiaro (vengono venduti per adozione o nella peggiore delle ipotesi per traffico di organi umani). A livello globale, la mafia nigeriana sta diventando una vera protagonista del traffico di droga, forte di una rete che va dal Sudafrica al Brasile, all’India, agli Stati Uniti. Passando per l’Europa. Proprio l’Italia, insieme a Spagna e Regno Unito, è fra i nodi più importanti. Sebbene il fenomeno sia stato descritto e denunciato, anche in alcuni libri di successo come quelli di Sergio Nazzaro e di Enzo Ammaliato, l’attenzione della pubblica opinione e delle stesse istituzioni non sembra ancora adeguata. Nemmeno l’opera di prevenzione e di contrasto da parte delle forze dell’ordine. In primo luogo sarebbe utile poter definire la presenza degli immigrati, a partire da quelli provenienti dall’Africa – con particolare riferimento ai nigeriani e ghanesi – che realmente abitano e trafficano in queste contrade (anche alla luce della mobilità indotta dal coronavirus in queste aree). In secondo luogo bisogna individuare i luoghi in cui si concentrano i vari culti e gruppi etnici, alcuni dei quali sono diventati famigerati nel mondo, come “i Black Axe – conosciuto anche come Neo-Black Movement of Africa – i Black Cats, i Vikings e gli Eiye, insieme ai Buccaneers e i Pirates. Uno dei culti, a scanso di equivoci, si è battezzato semplicemente “Mafia”. Per la verità a livello territoriale non c’è molta disponibilità a parlare di questo fenomeno. Anzi, alcuni esprimono paura e terrore. Per superare questa situazione contraddittoria, in certi versi insostenibile, come rete di associazioni del terzo settore abbiamo deciso di mettere a fuoco il tema. Già abbiamo raccolto diversi materiali, documenti, testimonianze, anche una bibliografia dedicata, per poter cominciare a descrivere e conoscere meglio la realtà. Su questo chiederemo una mano anche agli esperti e ai grandi giornali (a partire dai settimanali LEFT e Infiniti Mondi).
Pasquale Iorio, Componente Esecutivo FTS Casertano Caserta, ottobre 2020
Effettivamente, quello della mafia nigeriana e’ un problema ancora troppo sottovalutato!