di Gianfranco Nappi .
Qualche giorno fa Marco Revelli ha riflettuto su il Manifesto sulla singolare inversione di rilevanza nelle attività lavorative indotta dal coronavirus riprendendola da Dennis Maillard ( https://ilmanifesto.it/effetti-della-crisi-nella-nuova-mappa-del-lavoro/ ).
Ciò che prima rappresentava il front office delle attività, quelle più riverite e retribuite ( dai colletti bianchi agli intellettuali, dai volti televisivi agli idoli del mondo dello sport …), a casa o impegnati con lo smart working; il back office di ieri invece ( gli infermieri, lo stesso medico per certi versi, e gli autisti di ambulanze e di camion,e gli addetti alle pulizie, e i riders che consegnano cibo e pacchi, e gli operai delle filiere produttive fondamentali, e tutta la filiera agroalimentare, non quella dei grandi chef ma quella dei braccianti in primo luogo… ), sono invece diventati decisivi per fare andare avanti il paese.
Durerà questa inversione di senso e di rilevanza? E si porterà appresso anche un riequilibrio di riconoscimento, di dignità e di quota della ricchezza nazionale?
E’ uno degli interrogativi più importanti quando si ragiona sul ‘come’ ‘dopo’.
Vorrei soffermare l’attenzione in modo particolare sulla filiera agroalimentare e sulla condizione particolare dei braccianti migranti.
Va intanto sottolineato che nella relazione di sfruttamento dell’ambiente dell’agricoltura industriale e dei suoi effetti negativi sulla salute umana, un posto di rilievo lo occupano gli allevamenti intensivi di animali ( che pure, a loro volta, senza Cingalesi e Indiani ben difficilmente potrebbero andare avanti…) : anche come luogo di coltura di infezioni patogene per gli animali e che dagli animali si possono trasmettere agli uomini ( si sono già trasmesse agli uomini: la BSE, ovvero la mucca pazza’ sta lì a ricordarcelo, non nel Far Est ma qui, nella occidentalissima Inghilterra…).
Piero Bevilacqua vi ha dedicato una riflessione importante qualche giorno fa sempre su il Manifesto che vale la pena di conoscere :
https://ilmanifesto.it/pandemia-e-animali-i-focolai-degli-allevamenti-industriali/
Al tempo stesso crescono sensibilità ed esperienze intorno al tema di un agroalimentare capace di vedersi in sintonia con la natura, per il benessere degli animali e il benessere dei consumatori.
Segnalo in questa direzione il Blog di Roberto Rubino, uno dei massimi esperti di formaggi d’Europa ed animatore dell’esperienza del Metodo Nobile : vi trovate riflessioni, percorsi di lavoro e di produzione sotto un segno radicalmente diverso rispetto a quello dell’agricoltura intensiva :
https://robertorubino.eu/news/
Ma torniamo al tema del lavoro.
C’è un profilo altamente delicato che investe il lavoro dei migranti in agricoltura.
Migranti….spesso vituperati ma oggi richiestissimi per i lavori stagionali.
Richiestissimi ma sempre esposti a condizioni insostenibili di lavoro e di sicurezza : praticamente senza assistenza i più. E lontani da ogni meccanismo di assistenza proprio perché ‘inesistenti’, clandestini o spinti alla clandestinità da quei decreti di salviniana memoria che sono ancora lì a ‘dettare’ legge.
Le organizzazioni d’impresa agricola hanno lanciato l’allarme sulla carenza di mano d’opera per le raccolte stagionali: carenza determinata dal blocco dei flussi di mobilità della forza lavoro, clandestina o meno, che dalle aree del paese, e dall’estero, si sposta per coprire l’offerta stagionale e non di lavoro.
E come si pensa di risolvere il problema? Facendo ritornare, dalla finestra dell’emergenza quei voucher in agricoltura che si era stati costretti ad uscire dalla porta delle riforme del lavoro: un modo per estendere ancor di più i fenomeni di precarietà e di incertezza per il lavoro.
All’incontrario, invece, sarebbe ora di avviare un programma preciso di regolarizzazione del lavoro della terra, farlo emergere dalla clandestinità, sottrarre decine di migliaia di lavoratori al ricatto della criminalità organizzata e del caporalato: a garanzia della sicurezza e della salute dei lavoratori e a beneficio delle aziende che intendono produrre in modo trasparente e puntando sulla qualità.
Bisogna ricordare sempre che un pezzo non secondario dell’approvvigionamento alimentare è affidato al loro lavoro. Ricordiamocene ora per non dimenticarlo dopo.
In questa direzione va una importante iniziativa con Lettera Appello lanciata dalla FLAI CGIL che ci sentiamo di condividere e di rilanciare :
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