Quali nuovi FATTORI di comunità, quali MOTIVAZIONI a FARE comunità
possono essere – OGGI– più potenti ed efficaci, atteso che quelli tradizionali non sono bastati?
La coesione su cui regge il contrasto a Covid 19 è fondata sulla paura, sulla disperazione. Sono ingredienti ben noti che possono alimentare nuovi populismi nel post-emergenza.
Non è forse urgente lavorare per colmare il deficit di coesione che c’era già prima del coronavirus?
I vantaggi della coesione erano noti anche prima: per resistere, reagire, competere, … . Nella società come nell’economia la competizione per eliminazione del concorrente ha prodotto mediocrità.
Vi è adeguata coscienza e consapevolezza dei vantaggi della coesione oltre lo stato di necessità?
Nel ‘900 la coesione generava nella coscienza di classe, aveva nella società fordista le sue ragioni. Capitale e Lavoro erano i poli del conflitto e, al tempo stesso, il “binario” di ricerca e di azione per chi volesse operare per una società più giusta. … ma il ‘900 non è più.
La società di oggi è uno specchio rotto, fatto dalla moltitudine di soggetti sociali figli del postfordismo; dal capitalismo molecolare, dai mille lavori di chi vive arrangiandosi e si arrangia vivendo; … la società ipertecnologica e globalizzata ha smarrito le persone. Il Covid-19 ha messo a nudo questa realtà.
OGGI dov’è il conflitto?
Siamo in lotta contro un nemico invisibile e gli alleati sono un esercito di lavoratori altrettanto invisibili. Tale, infatti, è la condizione della comunità di cura che opera “Sotto la pelle dello Stato” (A. Bonomi)
Siamo obbligati a fare “Communitas” pur dovendo adottare misure di “Immunitas” (R. Esposito)
Un destino comune (come ricorda Totò ne ‘A livella) ci obbliga a riflettere sui nostri stili di vita, di lavoro, di consumi; … ci spinge alla ricerca di un destino di vita meno macabro, più degno di essere vissuto.
Il turbocapitalismo finanziario globalizzato mostra tutta la sua fragilità e impotenza, ma oltre le esortazioni di Papa Francesco, una strada valida, affidabile, concreta all’orizzonte non è ancora.
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È forse utile accrescere la coscienza di comunità ovvero FARE “comunità di coscienza” sul destino comune verso cui si sta naufragando, nel caso in cui non si riesca a cambiare il modello di sviluppo.
DOVE può essere utile FARE coesione?
Nei territori. Negli spazi fisici, dal condominio al pianeta Terra, nelle dimensioni micro e macro delle nostre esperienze di vita e di lavoro.
In tutti i campi operazionali (Scienza, Cultura, Economia, Società, Amministrazione, … Politica); dovunque vi sia necessità di costruire coesione per vivere e lavorare meglio.
Tra comunità di cura e comunità operosa che ancora esistono e resistono.
TERRITORIO e COMUNITA’ di DESTINO mi sembra il “binario” su cui far ripartire la ricerca e l’azione.
Su questi temi vi è un ricco e abbondante patrimonio di studi, ricerche, saggi, prodotto da filosofi, sociologi, economisti, urbanisti, giuristi, psicologi; ci sono esperienze di campo sperimentate proprio dagli invisibili della comunità di cura. Un patrimonio immenso di tipo immateriale che, tuttavia, non ha ancora prodotto risultati propulsivi in termini di “pensiero condiviso”.
Lo sanno bene gli studiosi della complessità, essi raccomandano di cogliere le connessioni e le interdipendenze che ci sono tra discipline e campi operazionali diversi.
Certo, è una impegnativa navigazione negli InfinitiMondi del sapere, ma -a quanto pare- la pratica della integrazione è uno dei più fecondi esercizi per FARE coesione. Vale la pena cimentarsi.
Osvaldo Cammarota Storico dirigente della Sinistra. Amministrtatore locale e promotore di Progetti di Sviluppo Territoriale. Presidente di Arci-Pesca Campania.